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giovedì 14 gennaio 2010

MOODY 34 (MOODY 346/35)


Moody 34 - cant. Marine Project Ltd. (Plymouth)

Tre dati tecnici al volo, tanto per capire di che si tratta:
Lft 10.20, Baglio di 3 metri e mezzo abbondanti e Pescaggio di un metro e mezzo circa, 5 tonnellate belle larghe di dislocamento mosse da una superficie velica di circa 60 mq (o un motore da 35cv), con 180 litri circa di riseva di acqua e 160 circa di gasolio (numeri da "sailmotor" insomma, niente di nuovo..)


Scelta opinabile questa settimana del modello “sotto la lente”, ma ho talmente tanti buoni motivi per questa scelta che non potete nemmeno immaginarveli! Visto –però- che questo è un blog e non una testata giornalistica specializzata, e ve ne racconto spesso di tante ed inutili sulle mie scorribande né debbo render conto ad alcuno dei contenuti, mi par doveroso farvi partecipi anche delle mie scelte, a partire da questa, e giustificare così anche la lunghezza della trattazione che inizio a temere sarà quella del record.

I motivi, dunque:

- questo modello di barca “l’ho imparato tardi”, nel senso che l’ho conosciuta ed apprezzata solo da quando è scattata in me la passione per le barche inglesi, non del tutto “originale”, ma che quando mi ha travolto mi ha preso a tal punto da spingermi a passare al setaccio siti di barche inglesi per notti intere;

- per le stesse ragioni al tempo del famoso post sulle barche d’antan non avevo ancora gran conoscenza di cantieri e modelli di barche inglesi, ma specialmente non avendone apprezzato appieno le virtù e la filosofia nautica, specialmente, non ne avevo –mea culpa- incluso alcuna in quel famoso elenco, ed a questa mancanza ritengo sia doveroso da parte mia prima possibile rimediare;

- si tratta di una barca tutt’altro che rara, giacché prodotta in gran numero di esemplari dal cantiere nel corso di lunghi anni di produzione, ma ugualmente poco nota nei nostri mari, avendo ottenuto larga diffusione ovviamente oltre Manica, ma anche nel Mediterraneo Orientale, con numerose unità naviganti, sempre sotto UK-flag, in Grecia e Turchia: ritengo personalmente il modello tutt’altro che nordico, molto adatto per esempio all’Adriatico, e strano quindi il fatto che contrariamente a molte barche scandinave se ne trovino poche nei nostri porti;

- ragionare intorno al Moody 34 mi serve come ottimo pretesto per fare un discorso più ampio, che mi frulla in testa da un po’, riguardante l’eterna diatriba “pozzetto centrale Si/pozzetto centrale NO”: che il “central cockpit” abbia un gran fascino credo sia indiscutibile, o per lo meno diciamo che non mi considero l’unico a subirlo, eppure ponderando bene le scelte mi sono in un certo senso trovato a ridiscutere con me stesso circa questo giudizio, individuando tutta una serie di connotazioni nell’ ”aft cockpit” che mi ha spinto ad apprezzarlo nuovamente;

- su questo modello di barca mi sono preso una tale infatuazione da essermela studiata così bene da averne trovato infine anche i difetti, o per lo meno quelli che mi sono sforzato di considerare tali, come mera consolazione personale, nel momento in cui sull’inserzione dell’unità in vendita su un sito broker croato (uniproprietario, un anziano signore inglese arrivato all'età di abbandonare la vela, disposto a cederlo a prezzo veramente risibile), ed a cui facevo da mesi la “posta”, è apparso improvvisamente il suffisso “SOLD” mandandomi nella più totale delusione (e di quella barca precisamente, come si tratti di una “vecchia fiamma”, sono le prime foto che inseriscò di seguito come contorno alla spiegazione).























































Parlare del Moody 34 corrisponde a trattare per esser precisi di tre differenti serie di modelli varati dal celebre cantiere di Plymouth: il Moody 34 è stato lanciato nel 1983 per sostituire il fortunato Moody 33 –di cui non pubblichiamo foto!- già arrivato alla seconda versione (Moody 33 - MK1 dal 1973 al1976, MK2 dal 1976 al 1981 con piccole modifiche di layout a cucina, carteggio e quadrato, significativo miglioramento della qualità dei legni di finitura ed esternamente nello spostamento del boccaporto della canina posteriore, centrale prima e dissalato sulla sinistra poi), ma anche ormai superato nella concezione generale, a partire dall’assenza di un “walkthrough” di collegamento della cabina posteriore al resto degli spazi interni della barca, quindi la contemporanea eliminazione del doppio tambucio in pozzetto, motivo di inevitabile infiltrazione di umidità e spruzzi in navigazione nella cabina di poppa, ed a beneficio della circolazione in pozzetto e nella sua riorganizzazione funzionale.

E' il momento insomma che in questa classe di barche da navigazione d’altura con pozzetto centrale, la cabina posteriore cessa d’essere ad uso dei marinai e le cuccette “da navigatori”, e diventa a pieno titolo una comoda larga e riccamente attrezzata cabina armatoriale. Con risultati finali vedremo, peraltro, non sempre positivi! Si vedrà come, infine, la vecchia connotazione di “cabina marinai” era quella più corretta come indicazione generale all’uso dello spazio all’estrema poppa..

Per sostituire la riuscitissima carena progettata dal “papà” di Marine Project, l’architetto Angus Primerose, venne chiamata la matita di Bill Dixon, che da allora in poi sarà anche autore di tutti i progetti di Moody fino ai giorni nostri.

La bontà del progetto originario fu confermata quindi dalla sua longevità, con la produzione del modello 34 fino al 1986, quindi il lancio della versione 346 modificata in alcuni salienti particolari, assai utili a livello di impiego crocieristico del mezzo:
- la creazione di una spiaggetta bagno integrata nello specchio di poppa con una piegatura della sua stampata;
- l’inserimento nello stesso specchio di poppa di due oblò apribili utili a dar aria alla cabina armatoriale posteriore;
- l’inserimento a beneficio di questa stessa cabina, di un lavellino con l’impianto di acqua calda e fredda al top del mobiletto toletta già presente nel modello precedente in luogo del piano di appoggio/comodino letto.

Sicuramente i primi due particolari furono importanti scelte mirate a valorizzare lo yacht, alla luce della ridotta aerazione di cui soffre la cabina posteriore armatoriale: questa nel modello 34 ha solo l’osteriggio di coperta apribile, insufficiente a rinfrescare la cabina di poppa già di per sé penalizzata rispetto al resto della barca quanto a capacità di ricambio d’aria (e i motivi sono ovvi: la barca alla ruota si dispone in maniera di penalizzare quella cabina tanto che le stesse maniche a vento non possono funzionare a dovere per quella, e la stessa circolazione d’aria che si stabilisce dentro l’imbarcazione è tale da avere l’apertura del tambucio come apertura di scarico, escludendo quindi tutto quanto a poppavia del tambucio stesso dalla circolazione naturale d’aria), mentre le due strette luci laterali sono gradevolmente tagliate a livello di design, utili ad affilare l’estetica del tettuccio posteriore esternamente, tanto sfortunatamente fisse.

In questo senso, quindi, il modello 346 va senz’altro preferito al 34, e si spiega bene anche la differente valutazione dell’usato dei due modelli, a prescindere dall’età più recente delle unità 346, ma fermo restando la migliore soluzione di aerazione di altri modelli “concorrenti”, i più diretti dei quali sarebbero i Westerly Seahawk (poi dal 1990 divenuto Oceanquest) , laddove si nota nella cabina armatoriale di poppa la presenza di numerosi oblò apribili sia lateralmente verso i passavanti che anche talora aperti verso il fondo del pozzetto, a giusto beneficio dell’ospite della cabina stessa, il proprietario dell’unità come preannunciato dal titolo.

Continuando su questo stesso paragone non si può non notare e far menzione della differente –migliore- abitabilità della cabina di poppa per esempio del Westerly Seahawk, specialmente in ragione della sua larghezza che si traduce in migliori dimensioni delle cuccette; nel caso del Seahawk inoltre una migliore gestione della distribuzione della larghezza di baglio, tra cabina bagno/sala macchine/walkthrough accoppiata ad un differente disegno della tughetta posteriore e degli stessi paramare, ha permesso di avere un walkthrough laterale assai più comodo, più largo e specialmente più alto: nel Moody 34/346 in effetti, a poppavia del blocco cucina il passaggio è poco più che un corridoio angusto, bassino nonostante tutto e specialmente stretto, utile a malapena a disimpegnare l’uso del capiente armadio e l’accesso laterale al vano motore per le manutenzioni del propulsore. E nonostante tutto, e nonostante la presenza delle luci strette ed affilate in luogo degli oblò ovali di vecchia concezione, il disegno della tughetta della cabina posteriore nel Moody 34/346 risulta comunque voluminoso ed imponente, laddove nel Seahawk la presenza di paramare alti e robusti che dalla tughetta si staccano verso prua, in fondo serve a raccordare meglio questa al resto della linea della barca, nel suo design laterale (senz’altro il Seahawk gode anche di una carena più marina e profonda, che permette anche nella direzione opposta, verso il basso cioè, il recupero di preziosi centimetri in altezza, e senza che la linea della barca se ne abbia a subire in pesantezza estetica). Altro esempio lampante che mi viene da portare, di ottima coniugazione tra l'organizzazione degli spazi, nelle tre dimensioni, e trovate estetiche utili a snellire il risultato d'insieme, sarebbe il "tanto a me caro" H.R. 352: senza postare immagini di quella splendida vecchietta del mare (ve ne sono già su questo blog, una emblematica anche qui!) faccio solo notare come la poppa tronca, il disegno della tuga rialzata fino al parabrezza e solo accennata oltre con uno scalino appena quasi seminascosto prolungato fino al piede d'albero ma senza banda colorata, il tughino della cabina posteriore ridotto in larghezza appena a circoscrivere l'osteriggio, e poi -specialmente- la caratteristica fascia blu con i quattro oblò collocata appena sotto alla falchetta e per di più sottolineata dal bottazzo... sono tutte splendidi escamotage utili a snellire il profilo laterale e "schiacciarne" l'altezza libera dal punto di vista estetico. Idem molti Najad che, a partire dal più piccolo 340, della fascia sotto alla falchetta (rossa in quel caso), ne hanno fatto a loro volta un segno distintivo, ma -per quanto detto- da ritenere non solo a scopo puramente calligrafico.

Ritornando quindi al discorso originario circa l’uso dello spazio all’estrema poppa, a proposito dell’evoluzione progettuale tra il Moody 33 e l’attuale 34: lo spazio per il riposo del’armatore è stato senz’altro collocato laddove il volume disponibile è maggiore, quindi si è potuto attrezzare la cabina con un letto big size con relativa testata imbottita, grandi spazi di stivaggio per gli effetti personali, anzi un vero e proprio armadio, dando sfogo anche a voglie di lusso (inserendo per esempio il sofà per il relax e la toletta per la Signora); a parte il fatto, altrettanto importante, di sfruttare in questa maniera anche la zona della barca più confortevole ai fini del riposo durante la navigazione, ma al caro prezzo di spostare i “ricoveri dei marinai” –o comunque, diremo oggigiorno, degli “incaricati alle manovre”- nelle zone più lontane dal pozzetto e dalle manovre stesse, si trattasse anche dello stesso armatore/skipper, che dalla propria cabina si trova in fin dei conti distante dalla scala e dalla timoneria; e con l’aggravio, come già spiegato, di realizzare una cabina posteriore assai calda d’estate, quasi insopportabilmente ai climi ed alle latitudini diverse da quelli della Manica.

I lati positivi peraltro in queste barche non mancano, e quasi tutti sono a livello di distribuzione degli interni, a partire dall’intelligente disposizione del tavolo da carteggio, addossato alla paratia del bagno e rivolto verso poppa per sfruttare come seduta il margine del divano del quadrato, passando per lo splendido completo angolo cottura, realizzato con gran cura come da tradizione di yachting inglese, né mancano i particolari che contano come supporti e tientibene in legno massello assortiti e ben collocati.


Di seguito le foto di un altro esemplare di Moody 34, stanziale invece in Turchia (si noti la diversa essenza dei legni di finitura interna), e ri-motorizzato Volvo Penta.



































































Mentre ancora appresso inseriamo alcune foto di un 346 (prodotto anche in versione bi-chiglia a pescaggio ridotto, vedasi l'ultima foto della serie..), ed utili ad individuare le differenze già elencate a partire dal rinvio in pozzetto sulla tuga di tutte le drizze.














































Ultimo step in ordine di tempo, l’evoluzione dal modello 346 a quello attuale, lo splendido Moody 35 in produzione in luogo dell’altro a partire dal 1990: migliorata ancora la qualità impiantistica ed evolute ed arricchite le manovre, con il rinvio in pozzetto di tutte le drizze (che erano all’albero nel 34 e nel 346, benché in molte unità sono state trasferite in seguito dagli armatori stessi) e l’aggiunta di apposite batterie di stopper e doppio winch selftailing sulla tuga; internamente peraltro, si fa ricorso nel modello 35 a numerosi elementi controstampati che rendono più pratico ma meno elegante il quadrato (è controstampata la parte inferiore delle sedute), come anche la stessa cabina bagno che è questa invece interamente controstampata.

In effetti è proprio la cabina bagno la vera novità nel 35, interamente rivisitata a livello concettuale, con l’inserimento di una doppia porta, tra quadrato e cabina posteriore per dare al bagno accesso diretto a beneficio dell’armatore, e con significativo aumento delle dimensioni della cabina stessa, adesso con vano doccia separato con propria tenda impermeabile.

Ovviamente non è tutto oro quel che luccica e questa modifica ha comportato un significativo sacrificio in termini di spazi di stivaggio dal lato esterno, elemento grave direi in funzione della scarsità di gavoni in pozzetto già nelle versioni precedenti, e solo in parte compensato dall’aggiunta di due nuovi gavoncini all’estrema poppa, al limite con lo specchio di poppa ed in corrispondenza della zona per le gambe nella sottostante doppia cuccettona; ed in seconda battuta anche un sacrificio per la zona di carteggio, non certo ampia nemmeno nel 34/346, ma adesso ulteriormente ridotta (prima era orientata intelligentemente verso poppa, sfruttando come seduta il margine della seduta imbottita di sinistra e come alzata la paratia di chiusura della cabina bagno; adesso nel 35 disposto molto utilmente a murata di dimensioni correttamente minime).

Sembra che in conclusione, a partire dal progetto di Primerose per il Moody 33, negli anni siano stati eliminati tutti gli elementi propri della barca da navigazione d’altura, con l’inserimento in sostituzione di elementi progettuali mirati propriamente alla comodità nella quotidiana vita di bordo, che fanno peraltro dei più recenti Moody splendide unità da lunga permanenza in mare.




































































Ci stiamo girando intorno nella discussione ma il vero elemento cruciale ed al tempo stesso unificante di tutti questi è la collocazione del pozzetto in posizione centrale.

Bello, accogliente, raccolto, intimo e protetto dalle introspezioni di banchina, si tratta di una sistemazione indiscutibilmente affascinante, e che di questa serie di barche, ma non solo basti pensare agli altri cantieri inglesi storici, Westerly e Southerly per non scomodare la tradizione nordica fino alla “saga” Hallberg Rassy, ha fatto in un certo senso anche la fortuna. Resta solo da chiedersi quanto gli elementi di vantaggio e convenienza, elemento di fascino emotivo a parte, superino gli svantaggi.

A livello progettuale un pozzetto centrale è solo apparentemente più marino di uno tradizionale posteriore: almeno per le barche con sottostante walkthrough, il pozzetto deve essere sufficientemente alto da garantire l’altezza d’uomo nel passaggio, e pertanto, a meno di disegnare imbarcazioni con il bordo libero altissimo, o con paramare “di contenimento”, il pozzetto rischia di essere anche poco profondo: altezza di calpestio elevata e profondità ridotta che vanno direttamente a decretare la migliore marinità del pozzetto posteriore!

E’ chiaro che bisognerà progettualmente lavorare sulle sezioni maestre, recuperando altezza in direzione della sentina, da rendere più possibile profonda, a meno di disegnare una barca sgraziata e goffa, “a scatola” come direbbe Nigel Calder, e si capisce che su una misura come quella trattata il rischio di quel tipo di risultato finale è assai alto; non è casuale che lo stesso Calder indichi una misura minima di 14/15 metri perché una barca a pozzetto centrale mantenga una linea armoniosa e bilanciata tra lunghezza ed altezza di bordo libero, garantendo profondità e marinità al pozzetto stesso.

In più un pozzetto centrale è inevitabilmente più esposto e “bagnato”: è più vicino alla prua e da li che arrivano gli spruzzi, come dire che i parabrezza degli HR non sono solo un vezzo estetico o caratteristico di quelle barche.

Indiscutibilmente da un pozzetto siffatto è migliore la visibilità verso prua (qui l’altezza del pozzetto rialzato gioca a favore), e per la generalità di codeste barche quasi sempre con manovre delle drizze collocate come da tradizione all’albero, è inferiore la distanza da coprire tra la base d’albero ed il pozzetto stesso; ma di rimando aumenta la distanza dal pozzetto e dalla timoneria verso l’estrema poppa, con conseguente difficoltà di manovra in fase d’ormeggio: aumenta la distanza dalle bitte su cui andare a legare le cime, e qualche difficoltà può anche esserci nella valutazione della distanza dalla banchina.

Poi c’è l’elemento boma, che in queste barche sovrasta il pozzetto in tutta la sua lunghezza, che può essere uno splendido supporto per un tendalino integrale in baia, e che arrivando con la varea almeno fino alla timoneria permette la collocazione della manovra di scotta, sulla relativa rotaia di trasto, alle spalle del timoniere, quindi in posizione comoda per lui in una ipotetica conduzione in solitario, ed al tempo stesso con la scotta che lavora in posizione corretta, incocciata in varea e con un angolo di 90 gradi rispetto al boma; tutto bene se non fosse che un boma così spazza l’intero pozzetto da parte a parte in ogni manovra della barca nel letto del vento, con ovvio rischio per le teste di tutti gli occupanti!
Problema in parte ovviato con una posizione del boma sufficientemente alta all’albero, questo è evidente, ma con tutti gli aspetti negativi che a questa scelta ne conseguono: perdita di tela e potenza sulla randa prima di tutto, ma specialmente spostamento in alto e verso poppa del centro velico (potenziale maggiore sbandamento, di certo “morbidità” del corpo scafo/piano velico, ovvero minor capacità di tenere tela a riva al rinforzare del vento), per non dire della difficoltà oggettiva che si può avere nel montaggio di un bimini o di una cappottina integrale come spesso si usa vedere su queste barche impiegate in mari e climi nordici (bimini collegato allo spray-hood ed integrato con tende laterali staccabili, che nel complesso chiude il pozzetto tutto intorno), che si vede come si riesca a montare infine, ma sfiorando tanto il boma all’esterno quanto le teste dell’equipaggio all’interno.

Sempre rimanendo all’esterno è ineluttabile notare come un pozzetto centrale risulti più corto di uno tradizionale, con una lunghezza inferiore delle panche che potrebbe nemmeno permettere ad un membro dell’equipaggio di starci disteso, ma anche persino più stretto, in funzione della larghezza del paramare che in questo caso deve necessariamente assicurare la sua protezione per tutta la lunghezza del pozzetto; c’è ovviamente in più uno spazio prendisole posteriore, sulla tughetta posteriore ma anche oltre, a livello più basso verso la poppa, ma si capisce come questo spazio sia fruibile quasi esclusivamente all’ormeggio, mentre ai fini della marinità ed in navigazione può solo contribuire con il vantaggio di offrire uno spazio utile e comodo per ospitare la zattera di salvataggio.

Persino lo spazio di stivaggio risulta pregiudicato: per la solita questione relativa al rebus delle altezze, lungo la sezione maestra della barca, e per poter assicurare il passaggio verso la cabina posteriore piuttosto che un bagno di altezza sufficiente, almeno uno dei due tradizionali gavoni sottostanti le panche del pozzetto è per intero sacrificato, dal lato del walkthrough, mentre dal lato del bagno il gavone risulterà corto (dal limite della cabine posteriore alla paratia del bagno verso poppa) ma inutilmente profondo, in teoria anche fino alla sentina (ma si potrà sempre frazionare il suo sviluppo in altezza e profondità, creando un accesso alla parte più fonda del gavone dall’interno del bagno, magari con uno spazio stagno per le cerate possibilmente anche scaldato con i fumi del motore..); nel Moody 35, come già accennato, questo gavone è stato addirittura eliminato del tutto e sacrificato per la creazione della cabina doccia separata, con il bagno di dimensioni quasi doppie, che comunica quindi direttamente con la cabina posteriore.

Insomma, meno spazio di stivaggio in queste soluzioni “central cockpit”, ed anche meno flessibilità di utilizzo di quello ancora a disposizione, solo in nome di una –bisogna anche dirlo, positiva- netta divisione degli spazi interni, due zone notte distinte e separate, ben distanziate dalla living centrale per una reciproca privacy di stile molto correttamente british.

E non è del resto casuale, e concludiamo, come ultimamente specie nelle misure inferiori (9 e 10 metri) ma non solo (l’ultimo recentissimo 37 piedi), la stessa Hallberg Rassy abbia mirato i propri sforzi nel progetto di unità a pozzetto posteriore sfruttando il genio di Frers per conferire identico fascino alle proprie produzioni, né stupisca il successo di nicchia del rinomato cantiere finnico Malo Yacht, specializzato in imbarcazioni non meno fascinose e preziose di HR e Najad, realizzate però esclusivamente a pozzetto posteriore (e l’attuale barca di Nigel Calder è proprio un Malo di 45 piedi..).

Contravvenendo ad una regola base dell'editoria pubblichiamo qualche foto delle cuginette di casa Westerly anche in questa recensione, tanto per far notare le differenze già evidenziate nel testo, e si noti in particolare quanto la forma differente del taglio della tuga si traduca in altezza utile sottostante, a beneficio per passaggio verso la cabina di poppa e la conformazione e lo spazio della stessa.

























Tornando infine alla nostra barca di oggi, nel complesso si direbbe, per tutto quanto detto, una barca (discorso conclusivo valido per le tre serie, ovviamente: 34/346/35), assai “inglesina fichetta” quanto a gusto estetico, forse un po’ goffa nel suo profilo laterale per il bordo libero non certo basso, caratterizzata da un elevato standard di finiture specialmente a livello di interni, comodissima all’ormeggio per una famiglia in vacanza estiva e non meno sicura e marina in navigazione, di semplice conduzione anche in equipaggio ridotto e che gode specialmente di ottime performance sulle medie di crociera supportata dal generoso propulsore, ma che in conclusione scimmiotta solamente d’essere un piccolo “blue water cruiser” senza di fatto mai avere i “numeri” per aspirare a esserlo veramente. Tutto molto british insomma..

Senz’altro l’elemento aerazione degli spazi interni e posteriori specialmente, in tal senso incide negativamente nel giudizio complessivo, ma è innegabile come le finiture e la cura del dettaglio anche solo estetico è in maniera evidente superiore rispetto alle cuginette di pari misura per esempio di casa Westerly, che risulteranno perciò magari più grezze nel gusto ma invece più adatte alle navigazioni più impegnative.

Discorso infine a sé va fatto per il motore: il Thornycroft di cui queste unità sono all’origine dotate si presenta come un propulsore poderoso di 36 cv, presumo senza esserne certo di provenienza agricola, di cui gli armatori parlano come un mezzo assai affidabile e sicuro, che assicura un ottima spinta allo scafo a garanzia di ottime medie a motore, specie se accoppiato -in linea d’asse- ad appropriata elica, e quanto è importante per una barca comunque non proprio agile con le ariette e che nasce piuttosto come “first price of sailmotor”, ma del quale si tesse anche la fama di gran bevitore di olio e di nafta, e la sua produzione in terra d’Albione non potrebbe che garantire ulteriormente codesto giudizio. Sembrerebbe nulla di che sorprendersi, non dissimile da quanto rappresentato in ambito automobilistico dai felici possessori di Jaguar o MG-Spitfire, ma il vero guaio del propulsore Thornycroft è connesso alla difficoltà di reperimento di pezzi di ricambio, pressoché impossibile al di qua della Manica, ed in ogni caso a prezzo assai elevato. Inutile dire che per chi naviga in Mediterraneo, o peggio ancora volesse portare il proprio piccolo Moody in mari lontani, questo elemento rappresenta un grosso limite, superabile a caro prezzo in termini economici e di occupazione degli spazi di stivaggio a bordo con un ampia scorta di pezzi di rispetto, al punto da spingere, come mi è capitato di notare, gli armatori di alcuni Moody naviganti in Grecia o Turchia con la sostituzione integrale del vecchio Thornycroft con propulsori più diffusi e di semplice gestione, come unità Volvo Penta di pari potenza.




10 commenti:

  1. Grazie per la bellissima disamina su questo modello e cantiere. Io amo moltissimo, dopo avere avuto la fortuna di provarlo in navigazione la scorsa primavera, il Moody 45 classic. Hai visto com'è bello anche il 33, prodotto tra la fine degli anni 70 ed i primi anni '80? Ne ho trovato uno in vendita a 15 mila euro in GB...Ci sarebbe da farci un pensierino!

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  2. grazie a te Marco! d'aver avuto prima di tutto la pazienza di leggertela.. eh eh

    certo che è bello il 33, eccome.
    se vuoi anche più *marino* della "serie Dixon" 34/345/35, che come ho scritto nel mio commento si sono "infighettati" nel corso degli anni (e comprensibilmente, aggiungo! cambiano i tempi, cambia il modo di andar per mare, cambiano armatori e marinai e cambiano pure le barche..)

    oggi il 33 si compra a poco, è vero, in UK ma non solo (ce ne sono talmente tanti nel mondo.. anzi forse lontano dall'Uk la componente "affettiva" viene ad incider meno e si fanno affari migliori!), ma resta da valutarne bene l'effettiva condizione visto che parliamo di barche di un popò di anni, non certo realizzate badando ai ghingheri ma piuttosto alla sostanza (il progetto di Primerose era azzeccato!), specialmente l'MK I ha una qualità dei legni oggigiorno direi quasi inaccettabile da chiunque, eppoi rimane il discorso della cabina posteriore isolata, che come ho scritto nella disamina "ha un suo perché" ma a tanti oggi come oggi può anche apparire inadeguata e discutibile (nel mio caso che ho figli piccoli da tenere sotto controllo, per esempio!)

    a rileggerti ciao
    d

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  3. ps.
    non l'ho nemmeno citato e me ne dispiaccio..... è una pecca e provvederò ad inserire la modifica e correggere... (però i commenti servono a questo, anche!)

    Ma esiste una serie "extra" del Moody 33, successivo al MKII e subito precedente al Moody 34 di Dixon che si chiama Moody 333.

    Lo produssero solo per 2 anni, tra il 1982 ed il 1983, ed è in pratica un Moody 33 con il "walkthrough", inserito sempre lungo la corsia di dritta ma alle spalle del carteggio, con la cucina invece collocata sulla sinistra scendendo.. non male nel complesso.

    Ho delle foto di un'unità ottimamente attrezzata per la navigazione "seria" e la vita di bordo, uk-flag, ma collocata in Spagna, dove sta adesso in vendita. Debbo avere anche la perizia di quella barca da qualche parte, a parte numerose foto.. classica coppia di inglesi che ci hanno girato la penisola iberica su ambo i lati, dopo averci speso un pò di soldini per adeguarla come si deve ed adesso ha voglia di qs di più comodo per "il grande salto": una bella barca nel complesso mi pare di ricordare, che con 20/25.000 euro forse si porta via. ..se ti interessa.. ;-)

    Nulla a che vedere comunque con il "vecchio" 33!

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  4. Mah...Se interessa a te, potremmo fare una "permuta": io faccio un'offerta sulla tua e tu compri il Moody! ;)

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  5. Ho seguito il mercato dei Moody di 10 metri per un pò (e si vede..) ma poi alla fine ho lasciato perdere questa "momentanea infatuazione", per tutta una serie di ragioni che magari una volta ti racconto.

    sul Topkapi.. she's on the market! ;-)

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  6. Davide, anche io recentemente ho avuto un'infatuazione per i Moody e precisamente per il 36 seconda serie. Quando avevo intenzione di cambiare barca, avevo puntato un Moody 36 ottimamente mantenuto di una giovane vedova inglese che lo teneva ormeggiato ad Alghero. Barca solida e marina, comoda ecc ecc ma fortunatamente sono rinsavito e ho deciso di tenere il mio Segugetto... a meno che non ci sia un ritorno di fiamma... :o)

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  7. Sergio.. spostiamo un attimo i termini della questione: e parlami della giovane vedova inglese! :-DD

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  8. Ammetto, sconfitto, di non essere riuscito a leggere tutto...
    Il pozzetto a poppa mi piace di più di quello centrale, anche se le foto che ho visto sono proprio belle...
    ma a me piace tutto quello che "viaggia", quindi non faccio testo...
    :-)

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  9. Come una inglese è soda, un pò sovrappeso ma molto piacevole, col lato B un pò grosso, forse, ma di sicuro godimento.
    Scherzi a parte
    Capisco il giudizio positivo ma non entusiasta (basta confrontarla con la foto dell'HR351).
    Il paterazzo al centro dello specchio di poppa è relativa all'età o ad una scelta specifica del progettista?
    Gaetano

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