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domenica 7 marzo 2010

Quando il mare oscurò il cielo

Un brano dello splendido diario di Claudio..


Cari Amici,
Questo è il Diario di bordo di "Adventure" - Grand Soleil 343, la n.1 - , che non vuole essere un’opera letteraria, ma un sintetico promemoria delle emozioni, oltre che dei luoghi e delle persone che ne hanno fatto parte. Ho cucito insieme gli appunti del diario, con l’intento di rendere più snella e piacevole la lettura, spero di esserci riuscito.





Italia – Corsica – Minorca (Agosto - 1988)
E’ stato un agosto pieno di eventi, con tanto mare, e tante miglia, in 22 giorni ne abbiamo fatte 960, con una media di oltre 43 nm al giorno, se vi pare poco! fatte tutte sempre solo in due Licia ed io, allora ancora fidanzatini, (si fa per dire, vista la nostra età).
La rotta: Viareggio, Portovenere, Calvì, Mahon, giro dell’isola di Minorca, Bonifacio, Solenzara, Capraia, Livorno, Viareggio.
Durante il viaggio di ritorno da Minorca, dopo ben dieci anni di inutili tentativi, libri letti, dotte tecniche di presunti esperti, finalmente riusciamo a....


Questo il resoconto del viaggio di ritorno:

Abbiamo lasciato Mahon (39°52’N 004°18’E) all’alba, con quella tensione che si ha sempre alla partenza di una lunga traversata (allora senza l’aiuto del gps! ndr.), con un discreto vento di 18/20 nodi che ci arriva al traverso con un po’ di onda e Adventure da il meglio di se, è l’andatura che preferisce, e le onde, abbastanza rotonde, rollio a parte, non creano problemi di sorta.
Abbiamo come di consueto gettato la traina con un centinaio di metri di filo del 100 e un finale dell’ 80 con attaccato un Rapala con la coda snodata di una ventina di centimetri, a mezzogiorno parte nuovamente la traina, e come troppo spesso accade, pesco l’ennesimo sacchetto di plastica, siamo a 40mg dall’isola più vicina a non meno di 150 dalla Francia la Spagna o l’ Italia, siamo soli (e non vedremo un’altra barca per 2 giorni) ma in compenso il mare è pieno di sacchetti di plastica!!!
Disgustato lascio la lenza tutta riavvolta con il solo codino di circa 10 metri in acqua, e dato che filiamo tra i 7 e gli 8 nodi, il Rapala, così vicino alla barca, non fa che saltare fuori dall’acqua, per poi ritornare dentro nelle più strane posizioni. Sono stanco e decido di andare a riposarmi, lasciando a Licia il compito di vegliare su di me, oltre che su Adventure; bisogna approfittarne quando si può.
Disteso in cuccetta di poppa seguo il movimento dello scafo, cominciando a pregustare un sonno ristoratore, quando uno “scoppio” mi avverte che è partita la traina, ma questa volta il rumore è diverso, violento, fortissimo. Mi precipito fuori di corsa urlando “molla la randa, arrotola il genoa”, gettandomi in tuffo sulla frizione del mulinello che allento per non rischiare di veder strappare tutto.
La barca comincia a rallentare, ma la fine del rocchetto si avvicina pericolosamente, comincio a stringere la frizione fino a bloccare la corsa del filo, e miracolosamente non succede niente, la lenza resta tesa e non si strappa.



La velocità continua a scendere con la sola randa sventata a bandiera, ma facciamo sempre poco meno di due nodi, provo a recuperare lentamente ma dopo poco sento la lenza in forte tensione, la mollo e.. via! sto “coso” si riprende tutto quello che avevo riguadagnato, e così continua il tira e molla per oltre 45 minuti quando finalmente appare sotto la barca un pescione che sembra Moby Dick! (o quasi...).
E’ un tonno bellissimo, difficile stabilirne la dimensione, ma è veramente grosso. Licia mi porge il retino, e piano piano con la lenza in mano provo ad avvicinare il retino al pesce, che sembra praticamente morto, ma mi accorgo, con sconcerto, che a mala pena dentro al retino ci sta solo la testa! Sono a penzoloni al pulpito di poppa con in una mano la lenza e nell’altra il retino, la barca continua la sua lenta corsa, le onde ci fanno andar su e giù e io.... non so che pesci pigliare!!
Mentre ancora tento di avvicinare il retino alla testa del tonno improvvisamente si spezza la lenza e io resto con il solo retino in mano, il tonno attaccato al Rapala, che a sua volta resta impigliato nel retino!!! Allora si che non so che fare... quando Licia con grande naturalezza mi dice “passiamo una cima a cappio dal manico del retino fino alla coda, e poi si tira su” ma daaaii ma dai, dico io, “ma che ti pare possibile pescare un tonno per la coda?” ebbene si, fu così che facemmo, e con non poche difficoltà, pescammo il nostro primo tonno per la coda! Stanchi ma contenti, guardiamo questo tonno di quasi un metro appeso al pulpito di poppa, senza sapere cosa fare.
Il povero tonno, ormai quasi morto, solo raramente dava segni di vita, ci faceva tanta pena quell’agonia, e allora, visto che l’omo è omo, prendo il coltello e con una stretta al cuore gli apro la pancia da cima a fondo. Non sapevo che in un pesce ci potesse stare così tanto sangue, continuava a uscire e uscire e uscire, una striscia rossastra si allungava dietro di noi, mentre la fiancata della barca era improvvisamente diventata “tifosa” della Roma! Mi metto i guanti grossi, quelli che uso per gli ancoraggi, e senza guardare infilo una mano dentro la sua pancia e tolgo tutto quello che sento di morbido, fino a che non è perfettamente vuoto, tutto questo sempre mezzo fuori dal pulpito di poppa con il tonno appeso per la coda con una bella cima verde bandiera. Un bel po’ di secchiate d’acqua di mare per ripulire il tutto fino a che finalmente il tonno perfettamente pulito è pronto per una dozzina di foto!!

E’ passata un’ora e mezzo dall’inizio della caccia e non credo ai miei occhi, dopo aver rimesso le vele a segno e ripresa la nostra corsa verso la Corsica, cerco di stimare il peso, che mi sembra ben superiore ai venti chili, ma non ho una bilancia a bordo, quindi decido di misurarlo, il metro c’è, sono ben 90cm di pesce. E’un tonno pinna gialla, la sua livrea ha tutte le sfumature tra i colori dal vede petrolio al blu elettrico dal grigio all’argento, un’animale bellissimo, ma adesso che fare, il nostro frigo non potrebbe contenerne nemmeno la metà, e poi è già pieno di tutto quanto necessario alla traversata, alla fine si decide di sfilettarlo, è la prima volta che lo faccio, ma è un lavoro intuitivo, i quattro filetti sono ben identificabili, dal colore rosa cipria, senza una goccia di sangue, e dopo non so quanto in mare vola una carcassa, inclusa tutta la testa, del peso di oltre 10kg, mentre ci teniamo una diecina di chili di filetti rosa, che, stivati dentro la pentola per gli spaghetti fino a riempirla, finiscono nel nostro frigo.
Senza saperlo, oltre che a pescarlo in questo modo inconsueto, avevo fatto la cosa giusta nel pulirlo, togliendo tutto il sangue, in questo modo i filetti erano di un colore rosa da ..... fotografia!

Ricapitolando, il tonno normalmente abbocca all’alba o al tramonto, ad una velocità intorno ai 5 nodi, con una lenza che sia distante almeno 50 metri dalla barca, questo dicono i manuali, giusto? Ma nemmeno per idea! O il tonno era un’analfabeta depresso e con tendenze suicide, o i manuali di pesca sparano una marea di cazzate!!





Dopo due giorni arriviamo a Bonifacio, senza ancora aver avuto il coraggio di assaggiare quei meravigliosi filetti di tonno, eravamo così rattristati per l’uccisione di quel magnifico animale che non ne sentivamo il desiderio.

In porto la visuale delle cose cambia e alla fine i filetti tornano ad essere semplicemente filetti di tonno e finiscono in sushi o in forno fatti all’isolana, su di un letto di patate e pezzettoni di pomodori. In porto incontriamo mio zio Paolo (fu lui il colpevole della mia passione) con moglie e una coppia di amici... lui ci mette la barca, un bel Grand Soleil 39, noi ci mettiamo i filetti di tonno, e facciamo una cena a bordo memorabile.
Di una cosa mi sono sorpreso, dopo tre giorni i filetti erano ancora perfettamente rosa e il profumo di pesce era appena percepibile; chissà che pesce vecchio ci mangiamo quando si compra dal pescivendolo.

Passa una perturbazione e restiamo a Bonifacio per due giorni, poi con un bel Maestrale passiamo le Bocche e risaliamo la Corsica fino a Solenzara. Il giorno dopo, come di consueto, la risalita della costa est della Corsica ci riserva una grande smotorata fino ad una quindicina di miglia dalla Capraia. Un tramonto pieno di colori intensi, con tutte le tonalità del rosso e del blu tra loro mescolate con alti cirri ben sfilacciati ci annunciano l’arrivo del Maestrale. Con tutta randa e genoa leggermente rollato percorriamo le ultime miglia con un lasco da sogno, ma anche la certezza che domani ci sarà un gran bel vento.

Sembra che la Capraia sia per noi un posto dove non si possa stare tranquilli, 9 volte su 10 ci becchiamo delle sventolate che ci fanno dormire poco e male, Adventure è ancora ai suoi primi anni di vita, e solo l’idea di subire anche un piccolissimo danno mi alza l’adrenalina a cento così che resto sveglio quasi tutta la notte.
La mattina siamo un po’ frastornati, il vento si incanala nella valle che sbocca proprio di traverso alle barche ancorate in porto e tante sono quelle che hanno problemi di ancoraggio, fortunatamente noi no avendo dato ancora ben sopravvento. Ascoltiamo le previsioni di Livorno Radio sul VHF, che annuncia un forza 5 / 6 in diminuzione; le previsioni d’agosto sono quello che sono, normalmente sempre in ritardo, così le prendiamo con il beneficio d’inventario e decidiamo di partire.
Mentre prepariamo la barca rientra una piccola vela di 7 m con dei francesi a bordo che ci dicono che fuori il mare è veramente grosso, (grosso per voi che avete un barchino, penso io) continuando la preparazione. Randa con due mani di terzaroli, genoa rollato, ben coperti con le nostre cerate gialle e le cinture di sicurezza allacciate, usciamo dal porto con quella tranquillità che deriva dal fatto di aver appena percorso 900 miglia, ed una traversata di oltre 250.
Si risale l’isola, rotta 018° con 50 nm da fare, il vento è intorno ai 30 nodi e il mare forza 4/5, Adventure è a suo agio, filiamo al traverso a 7 nodi con punte di 8 aiutati dalle onde, siamo tranquilli, e anche Licia non protesta più di tanto, lei avrebbe preferito aspettare un giorno di più, ma siamo in forte ritardo sul programma e dobbiamo rientrare, oggi è già sabato 27 e lunedì ricomincia il lavoro.
Dopo un paio di miglia usciamo dalla copertura dell’isola e il mare ci investe in pieno con tutta la sua forza, onde ben formate, forza 7 e vento spesso oltre i 35 nodi. Ora sono meno tranquillo sulla scelta fatta, ma dopo qualche minuto di riflessione decido che le condizioni non sono proibitive, indietro non si torna, si va avanti.
Che assurdità, negli anni ho imparato che tornare indietro non significa perdere la faccia con chi ti ha visto uscire, anzi, forse il contrario, ma quando si è giovani...
Il vento aumenta, ma si allarga, questo è un bene perché si sbanda meno, ma anche il mare ingrossa e questo è meno bene.. le onde adesso sono veramente formate, 3 forse 4 metri, ma non creano grandi problemi, anche se spesso la falchetta finisce sott’acqua e gli schizzi ci fanno fare la doccia. Licia è tesa e io con lei, sono anche preoccupato per l’ingresso al porto di Viareggio, la cui entrata con una mareggiata da Maestrale è assolutamente sconsigliabile, i cavalloni si infrangono sul molo di sovraflutto, che non copre sufficientemente l’entrata e il rischio di finire sul molo di sottoflutto è veramente elevato. Abbiamo fatto quasi dieci miglia, e senza far trapelare le mie preoccupazioni, parlo con Licia sul rischio dell’ingresso a Viareggio, suggerendo di dirigersi su Livorno; naturalmente Licia è più che felice di fare venti miglia in meno, accettando di buon grado di prendere il timone per permettermi di fare il punto nave. Con la mia nuova bussola elettronica della Autohelm, che può tenere fino a dieci rilevamenti in memoria, è uno scherzo rilevare il monte Capanne sull’Elba, la Capraia, e la Gorgona e stimare la nostra posizione con precisione; poi imposto la nuova rotta per Livorno (038° 25 nm da fare), dove credo che si possa entrare anche con questo mare, almeno lo spero....
Licia al timone, nonostante le sue proteste, se la cava benissimo, ma adesso le onde si sono trasformate in frangenti, la schiuma a volte ci raggiunge, ma Adventure mantiene bene la rotta. Lo spettacolo è stupendo, il sole splende, le creste portate via dal vento formano strisce di acqua nebulizzata che creano piccoli arcobaleni. La schiuma dei frangenti vaporizza l’acqua, che al passaggio del cavallone si disperde in grandi polle che sfumano dal blu profondo fino al turchese e al verde acqua marina, formando delle micro lagune dal sapore caraibico, ma..... senza la spiaggia corallina con le palme!
E’ affascinante e temibile allo stesso tempo, alcune raffiche toccano i 40 nodi, è arrivato il momento di mettere la terza mano alla randa, ma non avendo preparato la borosa (ne ho solo due) prima della partenza, adesso devo sfilare la prima per passarla nella terza. Non è facile camminare sul ponte, anche carponi, ed è da funamboli cercare di arrivare alla bugna della terza mano anche con la randa mollata di drizza, il vento schiaccia la vela sull’albero e sulle sartie basse e non è facile farla scendere; ma con tanta agilità e qualche rischio finalmente ci riesco, ricazzo la drizza e mentre sono all’albero vedo un’onda veramente grossa arrivare al giardinetto alzare la poppa e farci partire in una planata mozzafiato, Adventure si inclina oltre i 50° e io abbraccio l’albero con tutte le mie forze; sento Licia gemere, ma non molla il timone, anzi riesce a riportare la prua in rotta “scendendo” poi il dietro della montagna di acqua dopo il suo passaggio, siamo nel cavo dell’onda, torno subito in pozzetto, quando mi accorgo che l’onda mi ha portato via una scarpa, imploro Licia di aver fede in se stessa e sparisco sotto coperta alla ricerca degli stivali. Tornato in pozzetto prendo finalmente il timone a Licia che sembra esausta per la prova, e solo allora mi rendo conto che tutta l’operazione è durata ben più di mezz’ora.
Adesso il mare è veramente grosso, molto grosso, solo una volta ricordo di aver visto qualcosa di simile, ma eravamo in regata, e tutti sfegatati velisti su una barca molto più grande, adesso invece sento la responsabilità tutta sulle mie spalle, e questo non aiuta, comincio a rimpiangere di non essere ritornato indietro quando potevo, accidenti! ma ora andare contro vento e contro mare è fuori discussione, si va avanti.
Il vento è ancora cresciuto, siamo a 40 nodi costanti, il genoa è rollato per una buona metà, e la velocità ormai è spesso oltre i 9 nodi, con punte di 10, siamo al gran lasco e se non altro il vento non sembra voler cambiare direzione.
Sono molto teso e capisco quale possa essere la tensione di Licia, sono condizioni che non abbiamo mai incontrato insieme, cerco allora di minimizzare la cosa raccontandole delle mie regate e di quanto fosse brutto il mare che....bla e bla e bla, con la speranza che questo possa aiutarla.
Ormai le onde sono così alte che quando si avvicinano le vediamo dal basso verso l’alto, è difficile stimarne l’altezza, ma quello che vedo mi lascia la bocca completamente asciutta: Adventure che è lunga 10,40m sta tutta sull’onda con ancora acqua davanti e dietro, stimo la lunghezza totale dalla cresta al cavo (così di traverso) intorno ai 14/15 metri.
Cerco di calcolare quale sia l’altezza dell’onda; se la nostra rotta fosse l’ipotenusa di un triangolo rettangolo isoscele, il cateto dovrebbe essere lungo una diecina di metri, se faccio lo stesso ragionamento sulla figura solida dell’onda, dove l’altezza diventa un cateto potrei ricavare l’altezza dell’onda stessa.... dopo un po’ di tempo arrivo alla conclusione: circa 7 metri! Alla sola idea mi spavento, ma poi mi dico che questi calcoli fatti a occhio non possono essere giusti, forse saranno solo 6 metri, una cosa è certa, quando siamo nel cavo dell’onda il genoa rifiuta e la randa sbatte perché perde quasi completamente il vento e poiché la nostra randa arriva solo alla prima crocetta, questo conferma la mia stima a sei metri.Distratto da questi conti non mi accorgo di un’onda più grande delle altre e quando all’ultimo momento la vedo dietro di me ho un attimo di sconcerto, vedendo il cielo oscurato dal mare.
Cosa devo fare... come la prendo.... forse devo poggiare.... oppure cosa..... alla fine, in quei pochi istanti, non sapendo bene cosa fare cerco di prenderla di poppa quasi piena (ma non chiedetemi perché) stringo forte il timone a centro barca, e dico a Licia di reggersi forte quando una enorme massa di acqua ci piomba addosso dall’alto riempiendo in un istante tutto il pozzetto, fortunatamente avevo ben chiuso il tambuccio anche con le due assette, altrimenti l’acqua sarebbe entrata tutta sottocoperta.
Siamo completamente fradici ed entrambi guardiamo basiti il pozzetto che è ormai diventato una piccola piscina, ma tiriamo un sospiro di sollievo quando l’acqua velocemente viene risucchiata dal grosso ombrinale posto a poppa. Adventure adesso è quasi ortogonale all’onda che ci ha appena superato e sembra quasi andare in retromarcia mentre l’onda le passa sotto e la deposita nel suo cavo, mi giro e sono sollevato nel vedere che la prossima onda è molto meno imponente, riprendo il controllo della situazione, porgo il giardinetto e accelero, parto in planata e vedo il log salire, 8, 9, 10, quasi 11 nodi, sono elettrizzato (e forse anche scioccato) da quanto è appena successo, Licia non dice niente, ma le sue mani strette strette ai tientibene dicono tutto.
Mi rendo conto che Adventure non ha fatto una minima piega, come se non fosse successo niente ha continuato la sua corsa senza perdere la rotta, prendo fiducia, mi dico che con lei non ci potranno essere problemi, mi sento rassicurato da questo pensiero e..... forza Claudio (mi dico) fai finta di essere in regata, in fin dei conti il capitano sei tu!
Comincio a traguardare le onde più grosse, si vedono bene quelle che arriveranno sulla nostra poppa, allora stringo il vento, mi metto quasi al loro traverso e guadagno molta acqua, fino a quando il frangente ci sfila accanto, e nello stesso momento butto la prua verso il suo cavo e la velocità aumento in modo stupefacente, più volte oltre i 12 nodi, mai avrei pensato fosse possibile per una barca così piccola raggiungere queste velocità. Ripeto l’azione più volte fino ad avere abbastanza confidenza da farlo quasi automaticamente, il vento ormai è spesso sopra i 45 nodi e qualche raffica tocca i 50, il vento fischia tra le sartie e il mare è uno spettacolo incredibile di colori, il frastuono del vento e del mare quasi scompaiono quando siamo nel profondo del cavo dell’onda (ed è vero, si perde il vento, proprio come è scritto nei libri!) e ci schiaffeggia appena torniamo sulla cresta.
Comincio a divertirmi, tutte le volte che si va giù grido “Yuuupppiiii!! siamo sulle montagne russeeee” cercando di mettere un po’ di allegria in Licia, che invece non sembra avere le stesse emozioni positive, ma con le mie battute stupide, vedo che è molto più tranquilla e distesa, anche lei comincia ad avere fiducia in Adventure.
Ormai abbiamo percorso poco meno di 30 miglia e si comincia a vedere bene Livorno e il suo porto, il mare in prossimità della costa, contrariamente a quanto mi sarei aspettato, è meno ripido e in attenuazione e anche il vento scende spesso sotto i 30 nodi, srotolo quasi tutto il genoa, per mantenere una buona velocità, e l’impressione che ho è che il peggio sia passato.
Sono preoccupato per l’entrata in porto, non ho esperienza dell’ingresso con mare formato, così decido di chiedere qualche informazione via VHF, contatto la Capitaneria sul 16 e chiedo quale sia la migliore cosa da fare, mi confermano che l’entrata Sud, lasciando a Sud la barriera esterna (diga della Veglia) e a Nord la diga Foranea, è la scelta migliore. So che se facessi una manovra errata non sarebbero in grado di aiutarmi più di tanto, ma la sola idea di aver avuto un consiglio e delle parole di supporto mi infondono maggior sicurezza.
Ci avviciniamo al porto, le onde ormai sono spesso sotto i tre metri, e l’entrata non presenta alcuna difficoltà, torna il sorriso sul viso di Licia e anche sul mio.
Il porto è pieno di tante barche, e tutti ci guardano rientrare, una volta ormeggiati vengono a chiederci come era fuori, come era il mare e il vento e così via, cosa che naturalmente ci fa sentire orgogliosi... dei veri lupi di mare!

Altre barche erano rientrate in porto poco prima di noi, alcune provenienti dall’Elba, qualcuno a motore navigando sottocosta (una scelta che non avrei mai fatto..) altre a vela, ma ognuna con la propria storia da raccontare, storie di rotture, di qualche piccola ferita, di uno skipper con 40 di febbre che ha costretto al timone una ragazzina ventenne alle prime esperienze, e per tutti molto spavento, ma in fondo in fondo tutti contenti dell’esperienza vissuta, di essere arrivati sani e salvi e di poter un giorno raccontare ai propri figli o ai propri nipoti..... di quel giorno..... di quella burrasca.... rientrando a Livorno.....
“quando il mare oscurò il cielo”.

Correva l’anno 1988.


Buon Vento
Claudio
vadoingrecia@yahoo.it



Rotta seguita da Adventure: Viareggio/Mahon/Viareggio

7 commenti:

  1. Ad un sognatore di viaggi e avventure marine come me, queste storie di vela e burrasca mi fanno impazzire... però penso che se ci fossi stato in mezzo realmente, avrei avuto le brache marroni!!!
    :-)

    Comunque più ne leggo, più ne sento e più mi piace...

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  2. Ma che bello questo resoconto, una somma di ricordi fantastica!

    E come fa a non verti la voglia di andare via? =)

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  3. Non vorrei passare per "testa matta" ma aspetto il momento di trovarmi in queste condizioni.
    Ciò significherebbe che vado per mare, che ho fatto già tanta esperienza, che ne sto vivendo un'altra importante, e che ho una compagna/moglie che condivide la mia passione.

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  4. ..ed io non posso che accodarmi ai vostri commenti, che giro in copia all'amico Claudio autore e protagonista, auspicando che anche lui venga presto a leggerli di persona!

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  5. ben arrivata sul blog cara Pupottina! :-)
    un onore averti ospite.. non troverai storie pruriginose ti avverto, ma di racconti di viaggio e di vela ne troverai molti, alcuni davvero gustosi.. questo è splendido, assolutamente.. l'ha scritto l'amico Claudio e gli ho chiesto apposta espressamente il piacere di pubblicaglierlo sulle mie paginette! ..però se cerchi bene qualche raccontino "piccante" l'ho scritto pure io..
    (a memoria, mi sento di consigliarti: "le 24h dello skipper", piuttosto che "attenti a spinazzolo" ..e poi vedi tu.. eehehe)

    a rileggerti!
    davide

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  6. Grazie Davide,
    per la tua ospitalità, perché bisogna essere sinceri, alla fin fine, anche se ci si schernisce, ci fa sempre piacere avere quel famoso minuto di notorietà
    :-))

    E poi tutte le volte che lo rileggo, riaffiorano alla memoria non solo le sensazioni, ma anche i timori, i sapori (acqua salata in bocca), oltre che le paure o le esaltazioni.
    Ringrazio anche a nome di Licia per tutti i commenti ricevuti, siete troppo buoni.

    Certo che il tuo Blog è veramente ben fatto, ma quanto tempo ci dedichi??
    Io a mala pena riesco a rispondere alle mail...
    Complimenti veramente!

    Claudio

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