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lunedì 26 ottobre 2009

Adesso Basta / 2

analisi della lettura a consuntivo, come promesso



del libro mi sono piaciute:
la critica del consumismo feroce (citazione : "nei paesi ricchi il consumo consiste in persone che spendono soldi che non hanno, per comprare beni che non vogliono, per impressionare persone che non amano"), mi piace l'idea di potersi svincolare dall'assunto guadagno-dunque-consumo, quindi di non guardare al lavoro come l'unico beneficio per vivere, e la possibilità conseguente di svincolarsene; mi è anche piaciuta la riflessione sulla solitudine e sulla difficoltà di viverla veramente e non idealmente

non mi piace invece l'idealismo in forma assolutistica:
Perotti parla di "work-life mix", cioè dando per scontato di lasciare il lavoro attuale per guadagnare una pseudo libertà di fare altro, ma includendovi la necessità di integrare i propri risparmi con qualche altro lavoro extra, possibilmente qualcosa che ci è gradito, ci piace o meglio ancora ci appassiona.. e non mi persuade affatto.
Si tratta solo di un cambio di lavoro, a conti fatti, con l'unica differenza che prima "viveva per lavorare" mentre dopo il downshifting ci si trova costretti a "lavorare per vivere": c'è una bella differenza, ma ciascuno avrà il suo bel mestiere a valutare a consuntivo il bilancio dell'operazione, che sicuramente non è a somma zero!
..avrei preferito una scelta diversa, se è la "libertà" il target, e allora meglio -magari- girare il mondo in barca a vela nutrendosi di banane, giacché come lui stesso fa notare nel libro sarebbe infine e a conti fatti uno stile di vita meno dispendioso economicamente, in termini di budgeting (18mila euro l'anno, servono 18mila euro l'anno per girare il mondo a bordo della propria barca! fonte certa: Luigiotto Ottogalli, su Jonathan)

Concludendo: personalmente in questo approccio ci vedo solo un gran moto di frustrazione, una fuga "a tutti i costi", ed il rigetto di una realtà sicuramente stressante ma miope nella sua visione "Madunnina-centrica" piuttosto che "GRA-centrica";
come se tutti i lavoratori vivessero nelle condizioni citate del libro: guadagno di 3500 euro mensili (almeno! c'è anche il prospetto economico di chi ne guadagna 5500..), spese personali mensili di circa 2800 euro ma solo se non hai l'auto, il pc ed il cellulare aziendale -altrimenti molto meno-, 12 ore di lavoro al giorno in azienda e persecuzione perenne su blackberry durante le notti ed i we, ferie "chi l'ha viste", una vita passata chiuso in auto in fila senza una famiglia che ti aspetta in casa, piuttosto che notti a dormire in albergo ed attese interminabili di aerei rintanati in sala d'attesa vip!

..mentre in buona sostanza io credo che la realtà non sia questa, per fortuna dell'umanità!

si può lavorare meno per guadagnare meno, per esempio, anche e non nessariamente passando dal lavoro manageriale a quello di spiccia manovalanza.. non c'è la sola alternativa "guadagna tanto/spendi tanto" o "guadagna per vivere/altrimenti non magni", tra il dirigente ed il contadino c'è una gamma molto vasta di possibilità, una maestra d'asilo può per esempio benissimo mantenersi una piccola barca a vela vivendo responsabilmente i propri consumi, e sarà felice di veder crescere i propri bambini quotidianamente per 9 mesi all'anno, e poi altrettanto felice di veleggiare per gli altri tre con lo stipendio pagato...

sottolineo -insomma- d'essere sostenitore del modello scandinavo, "socialmente responsabile" e prima di tutto bilanciato (work-life balance), con ritmi di lavoro -a tutti i livelli- umani, ed in equilibrio con la sfera privata e familiare di ciascuno, e spazi di ricreazione personale integri e tutelati: e non è vero che si tratta di una realtà distante anni luce dalla nostra italiana, piuttosto che di altri paesi europei.. basti dire che l'istituto del part-time esiste da decenni in tutti i paesi occidentali Italia compresa, e ci sono fior di ricerche che indicano nel labouriosissimo Regno Unito le più alte percentuali di adesione -volontaria- a questa forma di riequilibrio della sfera personale, non solo nelle categorie tradizionalmente più inclini "per necessità" (donne in età genitoriale), ma specialmente nei giovani neo-assunti e nei livelli più alti, manageriali e dirigenziali (e questo accade a Londra, capitale mondiale della finanza)

si tratta solo di stabilire quale sia la propria strada, quale il lavoro più congeniale, e poi circoscriverlo senza lasciarsene sopraffare, punto. decidere nel mezzo del cammin di nostra vita di spogliarsi dei propri averi e ritrovare sè stessi nel Getsemani lasciamolo a Santi e predicatori d'altri tempi, a meno di voler a tutti i costi far proclami mediatici delle proprie scelte con precise mire scandalistiche.

scusate la lungaggine, mi andava di scrivere...

3 commenti:

  1. perfetto. questa è la tua ricetta, che prevede comunque un sogno, un lavoro duro per realizzarlo (non viviamo in scandinavia) e dunque un mix adatto a te. Quando hai capito come realizzarlo faccelo sapere, perché mi interessa molto. A occhio, mi pare difficile quanto il mio cambiamento, forse di più (prevede che altri, lo Stato etc facciano cose che non faranno mai). In ogni caso il senso del libro, che tu cogli benissimo, è proprio questo. IO ho fatto quel che racconto. ALTRI faranno qualcosa di simile a modo loro. Ripeto, le chiacchiere stanno comunque a zero. Quando uno fa quel che desidera, vuole, anela, sogna, progetta, allora ce lo racconta. Dire "giusto" o "sbagliato" a monte, senza fare, mi piace di meno. Grazie della recensione!

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  2. Davide, come ti ho già detto tutto quello che dice Simone nel libro mi calza talmente a pennello che avrei potuto scriverlo io! :-)
    Il decalogo, poi... è semplicemente perfetto.
    Io sto lavorando da anni in quella direzione e l'aver letto quelle poche righe mi ha ulteriormente convinto che CE LA FARO'!!!
    Però mi manca ancora qualche anno... almeno 7 :-( Ahiahiahia...

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  3. @Simone: piacere di averti ospite del blog! ..continua così, sii tenace sempre.

    @Roberto: urca pensavo ti mancasse meno!!! svelto che i capelli bianchi aumentano! ;-) (vai bene comunque.. vai benone!)

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