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giovedì 11 febbraio 2010

Alvah Simon - A nord, verso la lunga notte

"Finchè vi è titubanza e la convinzione vacilla non si innescherà mai quella cascata di eventi che farà in modo di moltiplicare le nostre energie per raggiugere la nostra meta."





Il libro è semplicemente splendido, ma se ne parlassimo relativamente all'ambito dei romanzi a tema e sfondo nautico, direi -più ancora- proprio unico nel suo genere.

E' fondamentale superare il breve prologo, che nell'atmosfera letteralmente claustrofobica potrebbe scoraggiare nel proseguimento della lettura gli animi appena appena più impressionabili: poi il testo, scritto benissimo, diventa gradevole e avvincente, e ben presto lo scafo a vela diventa solo un sottilissimo improbabile guscio incapace a isolare l'animo del protagonista da una Natura più che mai esuberante: leggendolo mi sta ricordando molto Krakauer nelle sue pagine migliori, vuoi per l'aria sottile che spira anche tra le sartie del Roger Henry, ma anche per la rarefazione del contesto umano quasi annullato di fronte alle più immense manifestazioni di quello naturale, eppure con la presenza -in primo piano e sempre fortissima- della voglia di vivere del protagonista, mai domo e che mai perde di vista il proprio fine ultimo, l'obbiettivo, la voglia di testimonianza ed il sogno.

Un sogno hippie vissuto sul pack artico piuttosto che Sulla Strada, ma ugualmente animato dalla stessa voglia di percorrerlo, vivendolo, fino alla fine: « Dobbiamo andare e non fermarci finché non siamo arrivati» «Dove andiamo?» «Non lo so, ma dobbiamo andare » (Jack Kerouac - On the road)


Di seguito ricopio anche una bella (vera e propria!) recensione reperita online (via infolibro), perché personalmente non mi sento all'altezza di recensirlo in maniera puntuale, senza la certezza che sprecherei i superlativi, nè voglio correre il rischio di non fornire i giusti stimoli a cercarlo e leggerlo tutto d'un fiato.

(per inciso: il libro è introvabile in acquisto se non in versione originale in inglese, visto che le due edizioni in lingua italiana di Sonzogno sono entrambe esauritissime e fuori catalogo, compresa l'ultima del 2000 benché tutto sommato recente! Apposta che non indico isbn nè altro, però molte biblioteche ce l'hanno per fortuna disponibile al prestito: e così ho fatto a mia volta per goderne in pieno..)



A bordo del Roger Henry, una piccola imbarcazione d'acciaio, Alvah Simon e la moglie Diana decidono di affrontare un intero anno nell'artico canadese. Li accoglierà una piccola baia di fronte all'Isola di Baffin, e nell'attesa che il ghiaccio intrappoli la barca, si preparano a vivere un'avventura estrema, immersi nella natura selvaggia, lontani 150 chilometri dal più vicino villaggio Inuit.


Un cutter di undici metri dallo scafo d'acciaio, bloccato dal ghiaccio, giace all'interno di Tay Bay, un'insenatura dell'isola di Bylot, nordest canadese, oltre il circolo polare artico. L'ultima luce di ottobre avvolge lo scafo, prima di lasciare il passo alla lunga notte artica; all'interno, un uomo che ha deciso di trascorrere da solo l'intera stagione invernale a bordo, in completa autosufficienza, deciso a capire cosa significhi vivere a quelle latitudini, sotto la continua minaccia dell'attacco degli orsi, motivato a comprendere, fin dove gli è possibile e fino a quando glielo consentiranno la natura dei luoghi e le proprie risorse, lo spirito che anima il popolo Inuit.
L'avventura di Alvah Simon e di sua moglie Diana era cominciata un anno prima, quando il sogno di affrontare insieme la permanenza nell'artico era diventato una strada percorribile nella realtà. Da allora tutti i loro sforzi si erano rivolti alla complessa organizzazione necessaria per la riuscita del progetto, uno sforzo tanto più complesso perché "viziato" da una decisione controcorrente, quella di non affidarsi ad alcuna sponsorizzazione. Saranno gli amici, la rete di conoscenze maturate da Alvah Simon nel corso degli anni durante le sue lunghe navigazioni in barca a vela intorno al mondo, ad aiutare la crescita del progetto e ad evitare qualunque marchio sull'impresa.
L'intestazione dei capitoli del libro scandisce il ritmo della narrazione, insieme ai ritmi della natura: Camden, Maine, giugno 1994, tredici ore di luce…Baia di Melville, agosto 1994, venti ore di luce…Tay Bay, novembre 1994, zero ore di luce. La baia, a nord della grande Isola di Baffin, accoglie Alvah e Diana con il suo abbraccio gelato, e fissa nel tempo e nello spazio le ansie e le speranze dello scarno equipaggio, del quale fa parte anche una gatta, Halifax, raccolta in un porto, lungo la rotta di avvicinamento. Un evento imprevisto fa però cambiare di segno all'impresa: Diana è costretta a rinunciarvi subito, ma Alvah decide di rimanere. Il 12 ottobre, nel momento in cui l'elicottero che trasporta la moglie scompare dietro l'orizzonte, l'uomo si rende conto che una scelta definitiva è stata compiuta, una scelta che non consente ripensamenti: quella che doveva essere già un'impresa difficile, diventa proibitiva, al limite della pazzia.
Inizia così il racconto della lunga lotta contro le forze dell'Artico, ma anche l'inizio di un conflitto continuo della mente: il pensiero non riconosce più le coordinate del vivere precedente, disorientato, alla continua ricerca di un equilibrio, sottoposto alle sollecitazioni delle incombenze quotidiane fatte di piccoli gesti che non ammettono errori, perché nella notte artica un'azione maldestra, dal sapore per noi insignificante, può voler dire morire.
Nonostante il libro presenti un tratto mistico comune ad altri resoconti avventurosi di scrittori americani, la convinzione di essere guidati da una mano misteriosa che protegge e guida ogni passo, e che nella parte finale porta Simon ad affermare di aver scoperto la vera essenza del saper umano, nientemeno che "la rivelazione", A nord, verso la lunga notte rimane comunque una testimonianza importante sulle immense capacità di adattamento dell'essere umano in condizioni estreme, sulle strategie che la mente umana mette in atto per fronteggiare le difficoltà. Le pagine di Alvah Simon, uomo del ventunesimo secolo, ci avvicinano allo spirito dei grandi esploratori del passato, alle paure, alle speranze, ai fallimenti di coloro che furono affascinati dalle immense distese artiche, ma ci fanno conoscere anche i semplici accorgimenti escogitati dal popolo Inuit per poter vivere in quelle distese gelide.

3 commenti:

  1. ottima segnalazione mi metto subito alla ricerca del libro in biblioteca :)

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  2. meritevolissimo!!
    questo libro va nell'olimpo della mia personalissima hit letteraria a tema velico, subito dopo il sacro Slocum intorno al mondo

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    1. Assolutamente d accordo,io lo sto rileggendo per l ennesima volta ed entra appunto nella ristretta cerchia dei miei preferiti. Pensate che ben prima di sapere dell'esistenza di questo libro nella mia mente pensavo"se avessi una barca e potessi quanto mi piacerebbe svernare nell'Artico..". Unica diciamo cosa che mi ha un pò irritato è il suo essere smielato ed adulatore del popolo inuit e critico quasi fino all'autorazzismo(tipico della sinistra moderna)nei confronti dei cosidetti kabloonah,che sarebbe il modo dispreggiativo con cui siamo indicati dagli inuit,in un passo addirittira arriva a dire"a noi kabloonah loro ci vedono con tale tinta fosca"... Ma il libro ė pieno di momenti epici,consigliatissimo non solo ai patiti del genere.P
      ,S.Io l ho reperito in italiano,ma l'avrei letto anche in inglese solo cinque anni fa,ora usato e a prezzi abbordabili si trova,io lo pagai 7 euro.Max

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