Mio figlio Francesco sulla banchina di Acciaroli un dì di luglio, la chiesa del paese di sfondo.. una foto già pubblicata su queste pagine, inviata onthefly direttamente dal palmare, e chi mi conosce sa che odio ripetermi.. ma quello che è successo in quel luogo i giorni scorsi ha del surreale.
Surreale come la sensazione che mi lasciò quel luogo, e da Meridionale a mia volta mi colpì così a fondo che la ricordo bene ancora adesso che l'estate volge al termine: il senso di pulizia dei luoghi, ma non solo di quelli, ed un sentimento generalizzato di salute, e di integrità diffusa..... surreale.
E del tutto inadeguato, al contesto: con Daria senza confrontarci se non in seguito, prima paragonammo -contemporaneamente- il paesino con il suo bel porticciolo alla "nostra" Aci Trezza, poi ambedue, ciascuno per sè, si stupì di notare la somiglianza tra i due borghi marinari solo e soltanto nell'impianto, quello del paesetto costruito intorno alla propria flotta peschereccia e come tale (altrimenti) senza arte nè parte, ma essendo poi divenuti tanto l'uno una fogna a cielo aperto quanto l'altro una ex cloaca romana depurata e trasformata poi in banchine linde ed aiuole profumate.
Ma *divenuta* -attenzione- perché la storia non mente ed il senso del divenire è forte più che mai in posti come questi, scorci del nostro profondo sud intagliati nella storia nella cultura e nelle tradizioni popolari ineluttabilmente, come nelle rughe sul viso dei vecchi seduti al caffè, o nelle mani degli uomini al lavoro.
E sulle banchine, lungo le passeggiate, dal pozzetto della nostra barca a vela notammo forte la mano dell'uomo.. quelle dello spazzino, quelle del muratore, le altre dell'addetto del porto che prende cortese la trappa all'ormeggio, piuttosto che quelle dell'elettricista che sostituisce prontamente la lampadina fulminata.
E quelle dell'amministratore che li ha assunti e li tiene a libro paga. Le mani che non ci sono più.
E l'assurdità peggiore qual'è? Che quel senso di improvvisa inadeguatezza che la visita ad un luogo così ha potuto suscitare ad un uomo ed una donna del Sud come noi, cioè abituati in fondo alla monnezza, alla sopraffazione, al buio perenne dei lampioni rubati o sfondati a sassate... che la sensazione di andare a passeggio per le vie del centro, con i bambini al seguito nel dopocena, vedendo scorrere da un lato e dall'altro delle passeggiate un contesto quasi surreale, nasce infine solo dalla sorpresa di trovarsi in strade pulite illuminate e sicure. Di trovarsi dentro un scorcio di Italia del Sud incredibilmente... salubre.
(Ed è surreale doversi sorprendere d'aver solo ricevuto quello di cui se ne avrebbe altrimenti il diritto, nevvero?)
Riporto allora uno scorcio del testo di Saviano pubblicato stamane su "Repubblica", che lui da uomo del Sud campano ma specialmente coraggioso, per esserci anche rimasto in quel contesto non più integro anziché scappar via come il sottoscritto, merita di conseguenza maggiore attenzione... buona lettura, e buon Cilento chissà ancora per quanto poco.
Lo scandalo della democrazia
di ROBERTO SAVIANO
DUE pistole che sparano, le pallottole che colpiscono al petto, un agguato che sembra essere anche un messaggio. Così uccidono i clan. Così hanno ucciso Angelo Vassallo, sindaco di Pollica, in provincia di Salerno. Si muore quando si è soli, e lui - alla guida di una lista civica - si opponeva alle licenze edilizie, al cemento che in Cilento dilaga a scapito di una magnifica bellezza. Ma Angelo Vassallo rischia di morire per un giorno soltanto e di essere subito dimenticato.
Come se fosse normale, fisiologico per un sindaco del meridione essere vittima dei clan. E invece è uno scandalo della democrazia. Del resto - si dice - è così che va nel sud, accade da decenni. "Veniamo messi sulla cartina geografica solo quando sparano. O quando si deve scegliere dove andare in vacanza", mi dice un vecchio amico cilentano. In questo caso le cose coincidono. Terra di vacanze, terra di costruzioni, terra di business edilizio che "il sindaco-pescatore" voleva evitare a tutti i costi.
Come se fosse normale, fisiologico per un sindaco del meridione essere vittima dei clan. E invece è uno scandalo della democrazia. Del resto - si dice - è così che va nel sud, accade da decenni. "Veniamo messi sulla cartina geografica solo quando sparano. O quando si deve scegliere dove andare in vacanza", mi dice un vecchio amico cilentano. In questo caso le cose coincidono. Terra di vacanze, terra di costruzioni, terra di business edilizio che "il sindaco-pescatore" voleva evitare a tutti i costi.
[...]
In queste ore a Venezia verrà proiettato sul grande schermo "Noi credevamo" di Mario Martone, una storia risorgimentale che parte proprio dal Cilento, dal sud Italia. Forse in queste ore di sgomento che seguono la tragedia del sindaco Angelo Vassallo vale la pena soffermarsi sull'unico risorgimento ancora possibile che è quello contro le organizzazioni criminali. Un risorgimento che non deve declinarsi come una conquista dei sani poteri del Nord verso i barbari meridionali: del resto è una storia che già abbiamo vissuto e che ancora non abbiamo metabolizzato. Ma al contrario deve investire sul Mezzogiorno capace di innovazione, ricerca, pulizia, che forse è nascosto ma esiste. Deve scommettere sulla possibilità che il Paese sappia imporre un cambiamento. E che da qui parta qualcosa che mostri all'intera Italia il percorso da prendere. È la nostra ultima speranza, la nostra sola risorsa. Noi ci crediamo.
Ci sono quei 400 anni di "malastoria" passata difficili da recuperare...
RispondiElimina