non la nostra.. tranquilli.
bensì questa qui sopra.. è il Bavaria32 dell'amico Roby di veleggiando.it (e youposition.it, pure..)
qui la scheda tecnica.. link
qui invece una bella gallery.. link
noi gli auguriamo di venderla presto, per comprare una barca più grande e più bella, che conoscendo la competenza e pignoleria dell'armatore saprà tenere bene come già fatto con "Lady Blues"
bARCa bIsBetiCa con cIURmA fAmEliCA: quotidianità di famiglie a vele spiegate. Il diario dei nostri "sogni in mezzo al mare"... tra letteratura di bassa lega, geografia pelosa, visioni mistiche, cheek to cheek, uccellini che cinguettano, cibo, musica e poesia.
"Come faccio a spiegare a mia moglie che quando guardo fuori dalla finestra sto lavorando?" (Joseph Conrad)
lunedì 28 settembre 2009
venerdì 25 settembre 2009
oggi foto (BENETEAU FIRST 42 by FRERS)
di una barca che mi piace. ciao, miau, bau..
edit: aggiungo "postero" il tag barcadellasettimana più a mio segnalibro personale che altro.. non la conosco tanto ma mi piacerebbe innegabilmente approfondirla in futuro, e prima di tutto perché lo merita (la ritengo forse il più bel Beneteau che sia stato mai varato, e di sicuro il migliore della serie First insieme alla cuginetta f456!): e chissà che un giorno, che non piove e c'ho più tempo........
mercoledì 23 settembre 2009
martedì 22 settembre 2009
le ferie di Charlie2 (..segue..)
15/7 - GIORNO VENTOTTO - Olib - Silba - Slatinica (Olib)
(12 miglia, 1h. vela + 1h. motore)
Dedichiamo la mattina alle solite pratiche di prepartenza, carico d'acqua e bucato specialmente, poi ci muoviamo diretti a Silba: la posta di Olib non ha ancora installato e funzionante il pos/atm per il prelievo di contante in valuta locale e noi ne siamo a corto. Arrivati al porto orientale di Silba mi sgancio velocemente a terra in tender con l'intenzione nel frattempo anche di far un pò di spesa di prodotti freschi, in particolare la frutta e verdura dell'ottima bancarella collocata sul sagrato della chiesa, dove eravamo già passati a far acquisti la prima volta con Miran e famiglia, e trovandoci molto bene. Stavolta però, oltre alla solita signora gentile, corporuta e con chioma boccolosa, c'è anche una giovane ragazzetta, dalle linee filiformi e fanciullesche che (probabilmente ninfomane!), tenta in tutti i modi di sedurmi, con ammiccamenti affatto equivocabili che non sfuggono nemmeno alla signora boccoluta ed ad un altra vecchiotta, presumo una cliente avventrice. Anzi.. vedo che la provocante ragazzetta non esita a commentare le proprie performance in lingua locale con la titolare della bancarella.. che dire? l'ormone subisce ed incassa, lei è giovane io un vecchio babbione a confronto, ma per fortuna degli eventi lei ha i baffi ed io pure, ed allora prendo pomodori, insalata ed albicocche, e faccio buon viso a cattivo gioco pagando qualche decina di kune ed alzando rapidamente i tacchi, e con la sola incertezza clamorosa di tornare indietro per aver chiedere delle *banane* che avevo dimenticato! Altro spettacolino, altro conto da pagare -ma per le banane ne è valsa la pena- poi veramente prendo a gambe levate la strada dell'ufficio postale!
Una volta ripresa la barca che avevo lasciato ad uno dei gavitelli fuori dal molo, ancora con gli ormoni in subbuglio, blocco il tender tiro su la scaletta metto in moto e piazzo la prua in rotta per la punta nord di Olib, diretti a Slatinica, con il vento che fa leggero capolino alle nostre spalle ma non basta ed alla fine è ancora altro gasolio regalato ai pesci;il caldo oltretutto è spaventoso quest'oggi ed arrivo letteralmente cotto, in più poco prima di entrare in baia il motore si ferma senza più gasolio in serbatoio, ed una volta vuotato dentro le ultime "4 dita" del fondo della tanica non solo mi tocca effettuare uno spurgo volante, ma in più dovrò già iniziare con le preghiere al Dio del vento per l'indomani ed i giorni a seguire, che ci porti al più vicino distributore a fare rifornimento.
Dopo un bel bagno rigenerante in baia a Slatinica, paghiamo al gentile ragazzetto investito delle riscossioni le 90 kune dovute (sarebbero 50, per il "mezzo biglietto" previsto per la sosta diurna esclusivamente balneare, e non facciamo i furbi!) poi consumiamo per pranzo l'insalata di riso già pronta dal matitno ed anche le ultime rimanenze di prosciutto dalmata comperato a Murter, infine mi concedo il relax più assoluto che l'ombra del tendalino in pozzetto può darmi: ho persino il tempo di scrivere il diario di bordo degli ultimi 3 giorni! (sebbene con Francesco che mi dorme indosso).
"I Love Olib", come sta scritto ovunque a terra, su adesivi e magliette degli esercizi pubblici e commerciali dell'isola.
Miglia percorse 12 (totali 366)
(12 miglia, 1h. vela + 1h. motore)
Dedichiamo la mattina alle solite pratiche di prepartenza, carico d'acqua e bucato specialmente, poi ci muoviamo diretti a Silba: la posta di Olib non ha ancora installato e funzionante il pos/atm per il prelievo di contante in valuta locale e noi ne siamo a corto. Arrivati al porto orientale di Silba mi sgancio velocemente a terra in tender con l'intenzione nel frattempo anche di far un pò di spesa di prodotti freschi, in particolare la frutta e verdura dell'ottima bancarella collocata sul sagrato della chiesa, dove eravamo già passati a far acquisti la prima volta con Miran e famiglia, e trovandoci molto bene. Stavolta però, oltre alla solita signora gentile, corporuta e con chioma boccolosa, c'è anche una giovane ragazzetta, dalle linee filiformi e fanciullesche che (probabilmente ninfomane!), tenta in tutti i modi di sedurmi, con ammiccamenti affatto equivocabili che non sfuggono nemmeno alla signora boccoluta ed ad un altra vecchiotta, presumo una cliente avventrice. Anzi.. vedo che la provocante ragazzetta non esita a commentare le proprie performance in lingua locale con la titolare della bancarella.. che dire? l'ormone subisce ed incassa, lei è giovane io un vecchio babbione a confronto, ma per fortuna degli eventi lei ha i baffi ed io pure, ed allora prendo pomodori, insalata ed albicocche, e faccio buon viso a cattivo gioco pagando qualche decina di kune ed alzando rapidamente i tacchi, e con la sola incertezza clamorosa di tornare indietro per aver chiedere delle *banane* che avevo dimenticato! Altro spettacolino, altro conto da pagare -ma per le banane ne è valsa la pena- poi veramente prendo a gambe levate la strada dell'ufficio postale!
Una volta ripresa la barca che avevo lasciato ad uno dei gavitelli fuori dal molo, ancora con gli ormoni in subbuglio, blocco il tender tiro su la scaletta metto in moto e piazzo la prua in rotta per la punta nord di Olib, diretti a Slatinica, con il vento che fa leggero capolino alle nostre spalle ma non basta ed alla fine è ancora altro gasolio regalato ai pesci;il caldo oltretutto è spaventoso quest'oggi ed arrivo letteralmente cotto, in più poco prima di entrare in baia il motore si ferma senza più gasolio in serbatoio, ed una volta vuotato dentro le ultime "4 dita" del fondo della tanica non solo mi tocca effettuare uno spurgo volante, ma in più dovrò già iniziare con le preghiere al Dio del vento per l'indomani ed i giorni a seguire, che ci porti al più vicino distributore a fare rifornimento.
Dopo un bel bagno rigenerante in baia a Slatinica, paghiamo al gentile ragazzetto investito delle riscossioni le 90 kune dovute (sarebbero 50, per il "mezzo biglietto" previsto per la sosta diurna esclusivamente balneare, e non facciamo i furbi!) poi consumiamo per pranzo l'insalata di riso già pronta dal matitno ed anche le ultime rimanenze di prosciutto dalmata comperato a Murter, infine mi concedo il relax più assoluto che l'ombra del tendalino in pozzetto può darmi: ho persino il tempo di scrivere il diario di bordo degli ultimi 3 giorni! (sebbene con Francesco che mi dorme indosso).
"I Love Olib", come sta scritto ovunque a terra, su adesivi e magliette degli esercizi pubblici e commerciali dell'isola.
Miglia percorse 12 (totali 366)
lunedì 21 settembre 2009
le ferie di Charlie2 (..segue..)
12/7 - GIORNO VENTICINQUE - Knez (Iz) - uvala Sabusa (Molat) - (21 miglia in 4 lunghe ore di motore)
Si doveva partire presto ma la sveglia ha suonato per tutti alle 9, e come non bastasse c'è ancora a bordo voglia di spiaggia! Insomma tra bagni, convenevoli e saluti con gli amici anconetani si mollano gli ormeggi solo a mezzogiorno, e tocca sorbirsi quattro lunghe e noiose ore di motore contro la brezza di maestrale ostinatamente contraria, per noi che dobbiamo risalire il canale a est di Eso prima e tra Sferinac e Sestrunj poi.
Splendida invece la meta prescelta: si tratta di una baia per me sconosciuta, con poco fondo nella sua porzione più interna ed aperta peraltro ai settori meridionali, ma sicura dopo una giornata di maestrale come questa odierna: filo 40 metri di calumo su poco più di 4 metri di fondo, centrando una delle poche chiazze di sabbia libere da poseidonia, e poi andando a controllare de visu che l'ancora abbia fatto bene testa. Con maschera e pinne mi tocca peraltro constatare che il fondo è fortemente deturpato, con molta poseidonia distrutta presumibilmente dalle ancore dei barchini che quotidianamente da Molat qui giungono per la sosta balneare, ma anche dalla presenza di parecchi rifiuti, sparsi presumo dagli zoticoni occupanti delle barche di cui sopra.. un vero peccato!
Nel pomeriggio decidiamo per una merenda in tender e ci portiamo a ridosso del moletto di sassi in fondo alla baia ancorandoci con il nostro "ombrellino" da 1 kg. su un metro di sabbia bianchissima; infine la cena, meritata, consumata in pozzetto nella proverbiale pace del tramonto.
Miglia percorse 21 (totali 337)
13/7 - GIORNO VENTISEI - Sabusa (Molat) - Juzna Slatina (Olib) - port Olib (Olib)
(17 miglia in tutto, 3 h di motore ed un 1h di vela)
Partiamo da Sabusa di prima mattina, immaginando di riuscire a sfruttare ancora l'ultimo di straccio di vento notturno da Sud, ma issare le vele è inutile e si va verso Olib a motore, sperando almeno (invano!) di avvistare qualche cetaceo come spesso capita in questo braccio di mare. A Juzna Slatina arriviamo prestissimo e per primi, ma c'è una fastidiosa corrente da Sud che non ci permette di ancorare prossimi alla battiggia, constatiamo peraltro tristemente che la spiaggetta a terra è pressoché sparita, probabilmente spazzata via da qualche sciroccata; non ci resta dunque che la possibilità di un bagno nell'acqua bassa con l'appoggio del tender, per tornare quindi a bordo solo all'ora del pranzo, con zuppa di patate lesse e tonno. Nel primo pomeriggio però, frattanto che la baia si è gremita di numerose barche all'ancora, per lo più motoscafoni italioti (ed i più cafoni, veneti, si sono pure piazzati vicinissimo a noialtri!), decidiamo che con l'aria da NW che giunge c'è tempo anche per un'oretta di vela, e togliamo l'ancora per risalire di bolina larga il canale tra Silba e Olib fino al segnale cardinale posto sullo spigolo dell'isola, laddove di colpo il vento molla del tutto e ci costringe a riparare verso il porto di Olib nuovamente spinti dal motorino. Troviamo posto sul lato Nord, conquistando il molo con una sicura manovra in retro, suscitando lo stupore della barca vicina (belga, non solo di "bandiera"!) che invece un attimo prima si era esibita in qualche numero da circo per conquistare la sua trappa. Versati le dovute 135 kn per il posto, con acqua e luce, ce ne andiamo in cima al molo per un bagnetto lungo la franata di ciottoli, con una visita al baretto li vicino per un immancabile gelato Auto per il piccolo famelico Simone. Dopo la doccia, cena a bordo e passeggiata serale verso gli splendidi baretti con tettoia lungo il "sunset boulevard" lungo mare, a sud del porto.
Olib già dopo poche ore dall'atterraggio è in grado di conquistare chiunque, il suo tramonto è uno dei più belli della Dalmazia a mio modo di pensare.. ma domani sono certo che l'apprezzeremo ancora meglio. Tornando in barca tolgo anche le chiavi dal quadro motore, suggellando la decisione di prendercela comoda per qualche giorno.
Miglia percorse 17 (totali 354)
14/7 - GIORNO VENTISETTE - fermi a Olib
Altre 135 kn spese bene, utili all'inserimento dell'intera famigliola nelle dinamiche paesane dell'isola: caffè al bar in cima al molo, poi zaini in spalla, bambini in passeggino e pranzo a sacco, per iniziare l'esplorazione dei luoghi. Imbocchiamo i famosi "tratturi" dell'isola e ci inerpichiamo alla volta della famosa spiaggia Slatinica, lungo la costa orientale di Olib diametralmente opposta al paese. La strada è tosta, peraltro: non tanto lunga quanto veramente accidentata, e spingere il passeggino sotto il gran caldo è un mezzo massacro, quasi un rally che ci fa arrivare a destinazione pressoché cotti. Meno male che il posto è proprio stupendo e si rimane in acqua a giocare nell'acqua bassa ininterrottamente per ore, sfruttando una pallettina miracolosamente ficcata da mamma Daria nello zaino. Francesco nel pomeriggio si addormenterà addirittura in acqua, ma dopo averlo trasferito nella tendina da spiaggia per la sua meritata pennichella, ricominciamo con i giochi in acqua; Simone avrà il suo cedimento strutturale invece durante la via del ritorno, non appena ricevuto in prestito dal fratellino un passaggio in carrozzina.
Sorpresa massima in spiaggia è la presenza di numerosi gavitelli, poco fuori la baia, al che ci ripromettiamo per il giorno seguente di spostarci di nuovo in questo incatevole angolo dell'isola ma di farlo direttamente in barca per non ripetere la scarpinata una volta ancora.
Lungo la strada del ritorno, con i bimbi sfatti, approfittiamo anche per passare alla posta dal singolare orario di apertura giornaliera 9/11 e 19/21, ma anche per prenotare una peka di polipo presso la konoba/grill "Sidro": ci inseriscono per le 19.30, in tempo quindi per far fare la pappa a bordo al più piccolo e permettere a Simone di completare il riposino "di ricarica".
Peka infine senza infamia e senza lode, salvo i prezzi veramente popolari (170 kn per la peka per due persone, 264 kn in tutto compreso un abbondante piatto di carne alla griglia per Simone e bevande per tutti); maggiore soddisfazione avremo nel dopocena con il solito gelato consumato nella quiete del tramonto, sprofondati nei morbidi cuscini del dondolo del solito bar del lungomare.. gelato per Simone, ovviamente (altra!) birra per i grandicelli. E così può bastare, buonanotte
Miglia zero! (sempre 354)
Si doveva partire presto ma la sveglia ha suonato per tutti alle 9, e come non bastasse c'è ancora a bordo voglia di spiaggia! Insomma tra bagni, convenevoli e saluti con gli amici anconetani si mollano gli ormeggi solo a mezzogiorno, e tocca sorbirsi quattro lunghe e noiose ore di motore contro la brezza di maestrale ostinatamente contraria, per noi che dobbiamo risalire il canale a est di Eso prima e tra Sferinac e Sestrunj poi.
Splendida invece la meta prescelta: si tratta di una baia per me sconosciuta, con poco fondo nella sua porzione più interna ed aperta peraltro ai settori meridionali, ma sicura dopo una giornata di maestrale come questa odierna: filo 40 metri di calumo su poco più di 4 metri di fondo, centrando una delle poche chiazze di sabbia libere da poseidonia, e poi andando a controllare de visu che l'ancora abbia fatto bene testa. Con maschera e pinne mi tocca peraltro constatare che il fondo è fortemente deturpato, con molta poseidonia distrutta presumibilmente dalle ancore dei barchini che quotidianamente da Molat qui giungono per la sosta balneare, ma anche dalla presenza di parecchi rifiuti, sparsi presumo dagli zoticoni occupanti delle barche di cui sopra.. un vero peccato!
Nel pomeriggio decidiamo per una merenda in tender e ci portiamo a ridosso del moletto di sassi in fondo alla baia ancorandoci con il nostro "ombrellino" da 1 kg. su un metro di sabbia bianchissima; infine la cena, meritata, consumata in pozzetto nella proverbiale pace del tramonto.
Miglia percorse 21 (totali 337)
13/7 - GIORNO VENTISEI - Sabusa (Molat) - Juzna Slatina (Olib) - port Olib (Olib)
(17 miglia in tutto, 3 h di motore ed un 1h di vela)
Partiamo da Sabusa di prima mattina, immaginando di riuscire a sfruttare ancora l'ultimo di straccio di vento notturno da Sud, ma issare le vele è inutile e si va verso Olib a motore, sperando almeno (invano!) di avvistare qualche cetaceo come spesso capita in questo braccio di mare. A Juzna Slatina arriviamo prestissimo e per primi, ma c'è una fastidiosa corrente da Sud che non ci permette di ancorare prossimi alla battiggia, constatiamo peraltro tristemente che la spiaggetta a terra è pressoché sparita, probabilmente spazzata via da qualche sciroccata; non ci resta dunque che la possibilità di un bagno nell'acqua bassa con l'appoggio del tender, per tornare quindi a bordo solo all'ora del pranzo, con zuppa di patate lesse e tonno. Nel primo pomeriggio però, frattanto che la baia si è gremita di numerose barche all'ancora, per lo più motoscafoni italioti (ed i più cafoni, veneti, si sono pure piazzati vicinissimo a noialtri!), decidiamo che con l'aria da NW che giunge c'è tempo anche per un'oretta di vela, e togliamo l'ancora per risalire di bolina larga il canale tra Silba e Olib fino al segnale cardinale posto sullo spigolo dell'isola, laddove di colpo il vento molla del tutto e ci costringe a riparare verso il porto di Olib nuovamente spinti dal motorino. Troviamo posto sul lato Nord, conquistando il molo con una sicura manovra in retro, suscitando lo stupore della barca vicina (belga, non solo di "bandiera"!) che invece un attimo prima si era esibita in qualche numero da circo per conquistare la sua trappa. Versati le dovute 135 kn per il posto, con acqua e luce, ce ne andiamo in cima al molo per un bagnetto lungo la franata di ciottoli, con una visita al baretto li vicino per un immancabile gelato Auto per il piccolo famelico Simone. Dopo la doccia, cena a bordo e passeggiata serale verso gli splendidi baretti con tettoia lungo il "sunset boulevard" lungo mare, a sud del porto.
Olib già dopo poche ore dall'atterraggio è in grado di conquistare chiunque, il suo tramonto è uno dei più belli della Dalmazia a mio modo di pensare.. ma domani sono certo che l'apprezzeremo ancora meglio. Tornando in barca tolgo anche le chiavi dal quadro motore, suggellando la decisione di prendercela comoda per qualche giorno.
Miglia percorse 17 (totali 354)
14/7 - GIORNO VENTISETTE - fermi a Olib
Altre 135 kn spese bene, utili all'inserimento dell'intera famigliola nelle dinamiche paesane dell'isola: caffè al bar in cima al molo, poi zaini in spalla, bambini in passeggino e pranzo a sacco, per iniziare l'esplorazione dei luoghi. Imbocchiamo i famosi "tratturi" dell'isola e ci inerpichiamo alla volta della famosa spiaggia Slatinica, lungo la costa orientale di Olib diametralmente opposta al paese. La strada è tosta, peraltro: non tanto lunga quanto veramente accidentata, e spingere il passeggino sotto il gran caldo è un mezzo massacro, quasi un rally che ci fa arrivare a destinazione pressoché cotti. Meno male che il posto è proprio stupendo e si rimane in acqua a giocare nell'acqua bassa ininterrottamente per ore, sfruttando una pallettina miracolosamente ficcata da mamma Daria nello zaino. Francesco nel pomeriggio si addormenterà addirittura in acqua, ma dopo averlo trasferito nella tendina da spiaggia per la sua meritata pennichella, ricominciamo con i giochi in acqua; Simone avrà il suo cedimento strutturale invece durante la via del ritorno, non appena ricevuto in prestito dal fratellino un passaggio in carrozzina.
Sorpresa massima in spiaggia è la presenza di numerosi gavitelli, poco fuori la baia, al che ci ripromettiamo per il giorno seguente di spostarci di nuovo in questo incatevole angolo dell'isola ma di farlo direttamente in barca per non ripetere la scarpinata una volta ancora.
Lungo la strada del ritorno, con i bimbi sfatti, approfittiamo anche per passare alla posta dal singolare orario di apertura giornaliera 9/11 e 19/21, ma anche per prenotare una peka di polipo presso la konoba/grill "Sidro": ci inseriscono per le 19.30, in tempo quindi per far fare la pappa a bordo al più piccolo e permettere a Simone di completare il riposino "di ricarica".
Peka infine senza infamia e senza lode, salvo i prezzi veramente popolari (170 kn per la peka per due persone, 264 kn in tutto compreso un abbondante piatto di carne alla griglia per Simone e bevande per tutti); maggiore soddisfazione avremo nel dopocena con il solito gelato consumato nella quiete del tramonto, sprofondati nei morbidi cuscini del dondolo del solito bar del lungomare.. gelato per Simone, ovviamente (altra!) birra per i grandicelli. E così può bastare, buonanotte
Miglia zero! (sempre 354)
sabato 19 settembre 2009
le ferie di Charlie2 (..segue..)
10/7 - GIORNO VENTITRE / Sali - Rava (Villa Rava) - Knez (Iz) / (15 mgl., 2h. motore + 1h. vela + 1h. motore)
Mattina a Sali: sfruttiamo l'ormeggio pagato fino alle 14 come da manuale, e si va a far spese in piazzetta avvicinandosi al grazioso e fornito banchetto della frutta in fondo al porto, e comprando anche un merluzzetto a 10kn dal pescatorello li seduto di fronte, per farci la pappetta al piccolo Francesco. Simone al solito gioca con i bimbi del Delfin, Leo e Eva biondissimi entrambi, e fanno anche un lungo bagno dalla spiaggetta di sassi in cima al molo, mentre io ne approfitto per fare il pieno di acqua e trovare persino il tempo di svaccarmi qualche minuto al sole disteso "comodamente" sulla tuga.
Succede però che le mie spalle non trovan pace, e non appena adocchio una splendida barca entrare regalmente in porto, decido su due piedi che quella sarà il successore del Topkapi e con la scusa di andare a comperare al market ancora qualche boccione di voda mi precipito sulla banchina opposta del porto. E facendo leva sulle mie proverbiali doti di attacca-bottoni, in men che non si dica mi trovo a bordo dello splendido prescelto Westerly di 40', a conversare con i simpatici inglesi che lo armano Suzie e David. Il passo finale è lasciargli i miei recapiti per esser avvisato quando decideranno di venderla, e come si dice in questi casi, il più è fatto, e ci salutiamo augurandoci tante miglia ancora. La "zia inglese" del Topkapi adesso può attendere, e rientro in barca per decidere sul da farsi. I nuovi amici del Delfin sono più dubbiosi di noialtri sulla prosisma meta, però visto quanto i bambini sono entrati in sintonia il piacere sarebbe reciproco di navigare insieme spostandoci verso la stessa meta. Io propongo una buco a Sestrunj, loro che sono meno rusteghi del sottoscritto ribattono "Villa Rava" e di mezzo c'è il mare. Sono estremamente perplesso specie a livello di "economia aziendale" ma mi adeguo e metto la prua su Rava: quando arriviamo, mooooolto tempo dopo di loro impiegandoci un paio di ore di motore, però mi daranno conferma dei miei dubbi, trovando il posto molto bello, con pontiletto e attigua spiaggia di sabbia privata, ma che prezzi sul menù!!!
Prendo in mano allora la situazione e stavolta che tocca a me decidere, dico Iz.. poco lontana, e con un paio almeno di centri cittadini tanto graziosi quanto gustosi, e tra i tanti, pensando più al gusto che all'architettura, propongo Knez. Al solito loro ci precederanno, ma almeno proveranno così a bloccarci un posto in più, vista l'ora non proprio diurna..
Io dal canto mio ne approfitto per srollare finalmente il genoa, discendendo con il vento di maestrale al lasco fino alla punta sud di Iz-Eso, ma di là in poi con il vento nuovamente in prua, via di motore. Abbiamo almeno la fortuna di incontrare, al traverso della splendida baia di Vodeniack, una numerosa famiglia di delfini che si lasciano ammirare e fotografare in tutta calma per la gioia e lo stupore di Simone.
Arrivati che siamo infine a Knez, butto un occhio al porto che sembra in effetti pieno, come per radio il Paolo da bordo del Delfin mi avvisava, ma avvicinandomi ai gavitelli liberi in prossimità dell'antistante isolotto, si avvicina in barchino l'ormeggiatore che affiancandoci butta un occhio al Topkapi e prendendo le misure a vista mi avvisa che prova a cercare qualche cosuccia in banchina, annunciando un attesa di tre minuti e non di più.
In effetti puntuale 3' dopo si riaffaccia dalla cima del molo ed a larghi gesti mi richiama dentro al porto, avvisandomi di aver trovato un buchino a misura del Topkapi e non un cm di più tra il Delfin ed una navetta di 28 metri, ovviamente con acqua e corrente in banchina.... ottimo mi dico, e mi appresto ad eseguire la manovra di ormeggio più chirurgica che io abbia mai fatto, di prua ovviamente.. e a motore finalmente spento mi sono sentito come d'aver parcheggiato una Smart in un vicolo dei Quartieri Spagnoli!
Cena: super. Da "U Knez". Pesce nix, si sono già mangiati tutto, colpa nostra che avremo dovuto prenotarlo non appena sbarcati, ma con i bimbi i pensieri non mancano, e pure la veranda è già piena. Comunque sia occupiamo l'unico tavolo in sala da poter star comodi e senza disturbare la cena altrui con le 4 belve che stazionano al nostro desco, ed ordiniamo degli ottimi calamari freschi, "pescati a Iz" ci tiene a sottolineare il bravo maitre (ma anche ormeggiatore, barista, e tutto fare del paese Christian), e ne ordiniamo due porzioni alla griglia ed altrettante fritte... ma il vero piatto forte della cena sono.. ehm ehm.. i datteri. SSSSSSH.
Sul menù c'è scritto "cozze alla buzzara" ma strategicamente manca il prezzo. Così che a chi come il sottoscritto, attento all'economia domestica, chiede il prezzo della buzzara, viene ribattuto che cozze non ce ne stanno, ma in luogo delle cozze, però...... 500 kn infine per un 1 kilogrammo, preparate in buzzara biancaì: una delizia da leccarsi i baffi, le dita e le braccia fino ai gomiti direi.
Il conto finale a famiglia ammonta a 700 kn, compresivo dei 100 kn di ormeggio, e cotolette e patatine per le belvette. E due litri di malvasia, per dimenticare.
Miglia percorse 15 (totali 316)
11/7 - GIORNO VENTIQUATTRO -Knez, isola di Iz ....fermi in relax.
Giornata interamente dedicata al riposo: il posto, modestamente suggerito dal sottoscritto, è piaciuto a tutti talmente da decidere di restarci ancora una notte. Poi la compagnia dei bimbi e dell'intero equipaggio del Delfin ci è graditissima e allora ci godiamo una giornata di ozio, sfruttando la spiaggia di ciottoli antistante il molo per il bagno, e saltando a bordo 5 metri più a nord giusto per rifocillarsi; personalmente mi concedo anche una mezza siesta pomeridiana in materassino, cullato dalla risacca antistante al molo e solo un pò disturbato dai continui arrivi di megayacht che puntuali per il pranzo ormeggiano e sbarcano danarosi cumenda attratti dalla famigerata e proibita pappatoia locale.
Si va avanti così fino a sera, con la sola interruzione di una bella passeggiata fino a Iz Mali, lungo lo splendido sentiero che costeggia il mare; dopo cena, consumata stavolta frugalmente a bordo, si va invece a far visita ad una nuova konoba chiamata "Bucolina", individuata durante la passeggiata pomeridiana e che merita una mini esplorazione. Per 69 kune consumiamo palacincke e birra karlovacko, ma io che bramo di capire come si mangia in questo posticino semplice quanto mirabile per collocazione (un pò sollevato dalla stradicciola per Iz Mali.. wow che vista verso le grandi isole a oriente..), alla palacinka ci accoppio un "secondo" di alici marinate, tanto la birra abbondante lubrifica tutto.
Tutto buono infine, un saluto alla sciura carina che cura questo posticino da tener d'occhio davvero amorevolmente.
Miglia percorsa zero patacca (sempre 316!)
Mattina a Sali: sfruttiamo l'ormeggio pagato fino alle 14 come da manuale, e si va a far spese in piazzetta avvicinandosi al grazioso e fornito banchetto della frutta in fondo al porto, e comprando anche un merluzzetto a 10kn dal pescatorello li seduto di fronte, per farci la pappetta al piccolo Francesco. Simone al solito gioca con i bimbi del Delfin, Leo e Eva biondissimi entrambi, e fanno anche un lungo bagno dalla spiaggetta di sassi in cima al molo, mentre io ne approfitto per fare il pieno di acqua e trovare persino il tempo di svaccarmi qualche minuto al sole disteso "comodamente" sulla tuga.
Succede però che le mie spalle non trovan pace, e non appena adocchio una splendida barca entrare regalmente in porto, decido su due piedi che quella sarà il successore del Topkapi e con la scusa di andare a comperare al market ancora qualche boccione di voda mi precipito sulla banchina opposta del porto. E facendo leva sulle mie proverbiali doti di attacca-bottoni, in men che non si dica mi trovo a bordo dello splendido prescelto Westerly di 40', a conversare con i simpatici inglesi che lo armano Suzie e David. Il passo finale è lasciargli i miei recapiti per esser avvisato quando decideranno di venderla, e come si dice in questi casi, il più è fatto, e ci salutiamo augurandoci tante miglia ancora. La "zia inglese" del Topkapi adesso può attendere, e rientro in barca per decidere sul da farsi. I nuovi amici del Delfin sono più dubbiosi di noialtri sulla prosisma meta, però visto quanto i bambini sono entrati in sintonia il piacere sarebbe reciproco di navigare insieme spostandoci verso la stessa meta. Io propongo una buco a Sestrunj, loro che sono meno rusteghi del sottoscritto ribattono "Villa Rava" e di mezzo c'è il mare. Sono estremamente perplesso specie a livello di "economia aziendale" ma mi adeguo e metto la prua su Rava: quando arriviamo, mooooolto tempo dopo di loro impiegandoci un paio di ore di motore, però mi daranno conferma dei miei dubbi, trovando il posto molto bello, con pontiletto e attigua spiaggia di sabbia privata, ma che prezzi sul menù!!!
Prendo in mano allora la situazione e stavolta che tocca a me decidere, dico Iz.. poco lontana, e con un paio almeno di centri cittadini tanto graziosi quanto gustosi, e tra i tanti, pensando più al gusto che all'architettura, propongo Knez. Al solito loro ci precederanno, ma almeno proveranno così a bloccarci un posto in più, vista l'ora non proprio diurna..
Io dal canto mio ne approfitto per srollare finalmente il genoa, discendendo con il vento di maestrale al lasco fino alla punta sud di Iz-Eso, ma di là in poi con il vento nuovamente in prua, via di motore. Abbiamo almeno la fortuna di incontrare, al traverso della splendida baia di Vodeniack, una numerosa famiglia di delfini che si lasciano ammirare e fotografare in tutta calma per la gioia e lo stupore di Simone.
Arrivati che siamo infine a Knez, butto un occhio al porto che sembra in effetti pieno, come per radio il Paolo da bordo del Delfin mi avvisava, ma avvicinandomi ai gavitelli liberi in prossimità dell'antistante isolotto, si avvicina in barchino l'ormeggiatore che affiancandoci butta un occhio al Topkapi e prendendo le misure a vista mi avvisa che prova a cercare qualche cosuccia in banchina, annunciando un attesa di tre minuti e non di più.
In effetti puntuale 3' dopo si riaffaccia dalla cima del molo ed a larghi gesti mi richiama dentro al porto, avvisandomi di aver trovato un buchino a misura del Topkapi e non un cm di più tra il Delfin ed una navetta di 28 metri, ovviamente con acqua e corrente in banchina.... ottimo mi dico, e mi appresto ad eseguire la manovra di ormeggio più chirurgica che io abbia mai fatto, di prua ovviamente.. e a motore finalmente spento mi sono sentito come d'aver parcheggiato una Smart in un vicolo dei Quartieri Spagnoli!
Cena: super. Da "U Knez". Pesce nix, si sono già mangiati tutto, colpa nostra che avremo dovuto prenotarlo non appena sbarcati, ma con i bimbi i pensieri non mancano, e pure la veranda è già piena. Comunque sia occupiamo l'unico tavolo in sala da poter star comodi e senza disturbare la cena altrui con le 4 belve che stazionano al nostro desco, ed ordiniamo degli ottimi calamari freschi, "pescati a Iz" ci tiene a sottolineare il bravo maitre (ma anche ormeggiatore, barista, e tutto fare del paese Christian), e ne ordiniamo due porzioni alla griglia ed altrettante fritte... ma il vero piatto forte della cena sono.. ehm ehm.. i datteri. SSSSSSH.
Sul menù c'è scritto "cozze alla buzzara" ma strategicamente manca il prezzo. Così che a chi come il sottoscritto, attento all'economia domestica, chiede il prezzo della buzzara, viene ribattuto che cozze non ce ne stanno, ma in luogo delle cozze, però...... 500 kn infine per un 1 kilogrammo, preparate in buzzara biancaì: una delizia da leccarsi i baffi, le dita e le braccia fino ai gomiti direi.
Il conto finale a famiglia ammonta a 700 kn, compresivo dei 100 kn di ormeggio, e cotolette e patatine per le belvette. E due litri di malvasia, per dimenticare.
Miglia percorse 15 (totali 316)
11/7 - GIORNO VENTIQUATTRO -Knez, isola di Iz ....fermi in relax.
Giornata interamente dedicata al riposo: il posto, modestamente suggerito dal sottoscritto, è piaciuto a tutti talmente da decidere di restarci ancora una notte. Poi la compagnia dei bimbi e dell'intero equipaggio del Delfin ci è graditissima e allora ci godiamo una giornata di ozio, sfruttando la spiaggia di ciottoli antistante il molo per il bagno, e saltando a bordo 5 metri più a nord giusto per rifocillarsi; personalmente mi concedo anche una mezza siesta pomeridiana in materassino, cullato dalla risacca antistante al molo e solo un pò disturbato dai continui arrivi di megayacht che puntuali per il pranzo ormeggiano e sbarcano danarosi cumenda attratti dalla famigerata e proibita pappatoia locale.
Si va avanti così fino a sera, con la sola interruzione di una bella passeggiata fino a Iz Mali, lungo lo splendido sentiero che costeggia il mare; dopo cena, consumata stavolta frugalmente a bordo, si va invece a far visita ad una nuova konoba chiamata "Bucolina", individuata durante la passeggiata pomeridiana e che merita una mini esplorazione. Per 69 kune consumiamo palacincke e birra karlovacko, ma io che bramo di capire come si mangia in questo posticino semplice quanto mirabile per collocazione (un pò sollevato dalla stradicciola per Iz Mali.. wow che vista verso le grandi isole a oriente..), alla palacinka ci accoppio un "secondo" di alici marinate, tanto la birra abbondante lubrifica tutto.
Tutto buono infine, un saluto alla sciura carina che cura questo posticino da tener d'occhio davvero amorevolmente.
Miglia percorsa zero patacca (sempre 316!)
venerdì 18 settembre 2009
giovedì 17 settembre 2009
le ferie di Charlie2 (..segue..)
9/7 - GIORNO VENTIDDDUE - Lavsa - (Mana) - Levrnaka - Sali, Dugi Otok (18 mgl., in complessive 3h. di motore)
Ci svegliamo tardissimo, almeno per i nostri orari soliti, la pace della baia concilia troppo il sonno, sorprendendoci che quasi tutti i gavitelli si sono già svuotati e non abbiamo nemmeno sentito i rumori degli altrui motori in moto. Consumiamo una pingue colazione ma togliamo svelti l'ormeggio perché oggi siamo diretti decisi ad una meta balneare che certamente ci richiederà un pò di tempo in sosta; purtroppo non c'è vento e la navigazione procede tutta a motore prima nel canale principale di Kornat, poi tanto per svagarsi dalla noia del timonare senza autopilota a motore, decido il diversivo di passare esternamente a Mana e poi allo scoglio gemello di Borovnik, e poter ammirare quindi le scogliere a picco sul mare dei due isolotti obiettivamente assai suggestivi a queste latitudini. Arriviamo a Levrnaka puntuali per la mezza e la baia è già strapiena, sia di barche che di bagnanti, vomitati sulla spiaggetta di ciottoli dai famigerati temibili "barconi delle gite di Murter": pare Rimini.
Non facciamoci però prendere dal panico, e quindi dopo un ancoraggio chirurgico che merita un capitolo a sè, mettiamo il tender in acqua e ci apprestiamo all'arrembaggio in mezzo a quel guazzabuglio di umanità, stile sbarco in Normandia, con pinne, maschere e braccioli, con l'intenzione di far sguazzare un pò i piccolini in acqua bassa. Unico elemento favorevole, la fauna locale è decisamente superiore a quella media di Rimini, insomma non sono tutte germaniche over 70, anzi!!!
Siparietto: mi ancoro "chirurgico" in mezzo a due grossi charter.. e uno di questi skipper vedendomi arrivare in retro si è allarmato tutto ed è venuto a prua per assicurarsi che non gli facessi danno.. tsè. ..io gli faccio finita la manovra, chirurgica per l'appunto: "ti do fastidio scusa?" e lui: "hai messo l'ancora sulla mia" ed io: "No, stanne certo." e lui: "secondo me si.." io traguardo allora la mia prua e guardo l'angolazione della sua catena e ribatto "io sono sicuro di no, ma siccome che controllo sempre i miei ancoraggi con maschera e pinne adesso scendo a controllare e poi ti dico" ..ergo... non solo la mia ancora stava a meno di 50 metri dalla sua.. dico 50 metri. (il che vuol dire di per sè che doveva essere miope forte quello skipper, ma pure stralunato se non sa dove si trova la sua ancora nemmeno con l'approssimazione delle DECINE di metri..)
ma in più.. io su 6 metri e rotti di fondo avevo steso non meno di 35 metri di calumo, lui invece aveva la sua ancora A POPPA DELLA MIA BARCA, cioè quasi sotto la sua prua dato che aveva steso non più di 15 metri di catena.. praticamente quasi a picco corto!
Chiusa parentesi. A capo.
Rientriamo a bordo per il pranzo e dopo una buona pasta pasticciata con panna e zucchine, e pure passati indenni al controllo di rito dei ranger avendo conservato il biglietto di ingresso al parco staccato la sera prima a Lavsa che ci fa risparmiare un nuovo versamento della gabella (250kn tariffa unica entro gli 11m) , decidiamo di tentare la fortuna con la pesca. Come per incanto sia le barche charter che i bagnanti sono spariti tutti assieme, come si fossero smaterializzati, e le occhiate che avevo adocchiato già a mattina nei pressi della barca ben in vista, a contrasto con il fondo di sabbia bianca, mi tornano prepotentemente in testa. E metto in acqua i sugherelli. E come da regola d'oro ne prendiamo subito una bella grossa, poi una seconda più piccola ma poi dopo ancora, subiamo alcuni danneggiamenti ai braccetti e da li in poi basta occhiate. Allamano però due boghe idiote e può bastare così. Pariamo allora alla volta di Sali perché stasera Simone vuole scendere a tutti i costi a terra, la regola di alternare porto/baia vige ancora e l'idea che mi era balenata di andare in qualche baietta di Pasman la metto via, anche perché si son già fatte le 17 abbondanti... via dunque l'ancora e via per un'altra oretta e mezza di motore, uscendo dal parco in direzione Nord e risalendo la sponda orientale dell'Isola Lunga fino all'imboccatura del porto. Una volta dentro adocchio un bel posto sulla banchina Sud, dove vedo barche a vela con alberi di altezza comparabili al nostro, e mi infilo con una bella manovra di poppa a fianco ad un Comet 800 italiano, con Francesco una volta tanto zitto in manovra (la prima volta dopo 20 giorni di navigazione che non trasforma la nostra barca all'ingresso in porto in quella dei Pompieri, con sirene spiegate).
Trappa e cime a terra, ma proprio mentre lego le cime a poppa con lo sguardo in basso verso le bitte, mi sento gelare il sangue mentre mi sento apostrofare testuale: "Ingegnere Buonaseraaaaaaaaa...!!!" ..alzo gli occhi semiterrorizzato, non potendo immaginare chi fosse stato a beccarmi in quel contesto e per mia sorpresa rivedo il simpatico armatore del Nauticat 37 "Faro 3" simil-Masciarelli, già conosciuto a Prvic, con gentile consorte simil-starlette Sylva Koscina. Convenevoli di rito in banchina, con i commenti di circostanza ai luoghi visitati da ciascuno nel corso dell'ultima settimana; loro sono adesso in rientro, hanno già fatto "carte" e si apprestano a rientrare, con una traversata di oltre 80 miglia che li attende fino a S.Benedetto del Tronto a partire dalle 5 dell'indomani mattina.
Quanto a noi, tutti i propositi di passeggio serale sfumano quando Simone, nostro affidabile e proverbiale "pierre" di bordo, conosce due bimbi di una barca li di fianco, un Bavaria a motore di nome DELFIN, proveniente da Ancona, ed i tre si mettono a giocare sul molo come si conoscessero da sempre.
Con l'occasione anche noi genitori ci conosciamo, ed al simpatico Paolo, valente pescatore, scrocco un passaggio al suo barbecue appena attizzato; insieme alla gentile moglie polacca Violetta stanno arrostendo sulla brace alcune delle sue prede di giornata, ed a fine cottura mi ospitano sulla brace rimanente la mia occhiata più nutrita, ma non solo, mi ci accoppiano in dono anche un grosso sgombro che a loro sarebbe altrimenti avanzato, e già che ci sono anche un paio di bocconi di aguglia imperiale come assaggio. Non posso che sdebitarmi con due calici di prosecco ghiacciato, e non solo la cena è servita ma anche i semi di un nuovo legame che il mare ci regala sono lanciati.
I prossimi giorni, immaginando che non sarà facile separare i pargoli già in gran sintonia, intravedo una nuova flottiglia.
Post scriptum, sul posto: non è male affatto con acqua e luce a volontà, e con servizi nuovi e puliti, ma anche alla non proprio modica cifra di 24 kn/m, che sommano 230kn per noi, comprese le tasse di soggiorno. Era meglio quando si stava peggio, insomma!
(servizi igienici attrezzati e luminosi come quelli di un albergo: a tal punto che ho deciso di sbarbarmi e tagliarmi i baffi!)
Miglia percorse 18 (totali 301)
Ci svegliamo tardissimo, almeno per i nostri orari soliti, la pace della baia concilia troppo il sonno, sorprendendoci che quasi tutti i gavitelli si sono già svuotati e non abbiamo nemmeno sentito i rumori degli altrui motori in moto. Consumiamo una pingue colazione ma togliamo svelti l'ormeggio perché oggi siamo diretti decisi ad una meta balneare che certamente ci richiederà un pò di tempo in sosta; purtroppo non c'è vento e la navigazione procede tutta a motore prima nel canale principale di Kornat, poi tanto per svagarsi dalla noia del timonare senza autopilota a motore, decido il diversivo di passare esternamente a Mana e poi allo scoglio gemello di Borovnik, e poter ammirare quindi le scogliere a picco sul mare dei due isolotti obiettivamente assai suggestivi a queste latitudini. Arriviamo a Levrnaka puntuali per la mezza e la baia è già strapiena, sia di barche che di bagnanti, vomitati sulla spiaggetta di ciottoli dai famigerati temibili "barconi delle gite di Murter": pare Rimini.
Non facciamoci però prendere dal panico, e quindi dopo un ancoraggio chirurgico che merita un capitolo a sè, mettiamo il tender in acqua e ci apprestiamo all'arrembaggio in mezzo a quel guazzabuglio di umanità, stile sbarco in Normandia, con pinne, maschere e braccioli, con l'intenzione di far sguazzare un pò i piccolini in acqua bassa. Unico elemento favorevole, la fauna locale è decisamente superiore a quella media di Rimini, insomma non sono tutte germaniche over 70, anzi!!!
Siparietto: mi ancoro "chirurgico" in mezzo a due grossi charter.. e uno di questi skipper vedendomi arrivare in retro si è allarmato tutto ed è venuto a prua per assicurarsi che non gli facessi danno.. tsè. ..io gli faccio finita la manovra, chirurgica per l'appunto: "ti do fastidio scusa?" e lui: "hai messo l'ancora sulla mia" ed io: "No, stanne certo." e lui: "secondo me si.." io traguardo allora la mia prua e guardo l'angolazione della sua catena e ribatto "io sono sicuro di no, ma siccome che controllo sempre i miei ancoraggi con maschera e pinne adesso scendo a controllare e poi ti dico" ..ergo... non solo la mia ancora stava a meno di 50 metri dalla sua.. dico 50 metri. (il che vuol dire di per sè che doveva essere miope forte quello skipper, ma pure stralunato se non sa dove si trova la sua ancora nemmeno con l'approssimazione delle DECINE di metri..)
ma in più.. io su 6 metri e rotti di fondo avevo steso non meno di 35 metri di calumo, lui invece aveva la sua ancora A POPPA DELLA MIA BARCA, cioè quasi sotto la sua prua dato che aveva steso non più di 15 metri di catena.. praticamente quasi a picco corto!
Chiusa parentesi. A capo.
Rientriamo a bordo per il pranzo e dopo una buona pasta pasticciata con panna e zucchine, e pure passati indenni al controllo di rito dei ranger avendo conservato il biglietto di ingresso al parco staccato la sera prima a Lavsa che ci fa risparmiare un nuovo versamento della gabella (250kn tariffa unica entro gli 11m) , decidiamo di tentare la fortuna con la pesca. Come per incanto sia le barche charter che i bagnanti sono spariti tutti assieme, come si fossero smaterializzati, e le occhiate che avevo adocchiato già a mattina nei pressi della barca ben in vista, a contrasto con il fondo di sabbia bianca, mi tornano prepotentemente in testa. E metto in acqua i sugherelli. E come da regola d'oro ne prendiamo subito una bella grossa, poi una seconda più piccola ma poi dopo ancora, subiamo alcuni danneggiamenti ai braccetti e da li in poi basta occhiate. Allamano però due boghe idiote e può bastare così. Pariamo allora alla volta di Sali perché stasera Simone vuole scendere a tutti i costi a terra, la regola di alternare porto/baia vige ancora e l'idea che mi era balenata di andare in qualche baietta di Pasman la metto via, anche perché si son già fatte le 17 abbondanti... via dunque l'ancora e via per un'altra oretta e mezza di motore, uscendo dal parco in direzione Nord e risalendo la sponda orientale dell'Isola Lunga fino all'imboccatura del porto. Una volta dentro adocchio un bel posto sulla banchina Sud, dove vedo barche a vela con alberi di altezza comparabili al nostro, e mi infilo con una bella manovra di poppa a fianco ad un Comet 800 italiano, con Francesco una volta tanto zitto in manovra (la prima volta dopo 20 giorni di navigazione che non trasforma la nostra barca all'ingresso in porto in quella dei Pompieri, con sirene spiegate).
Trappa e cime a terra, ma proprio mentre lego le cime a poppa con lo sguardo in basso verso le bitte, mi sento gelare il sangue mentre mi sento apostrofare testuale: "Ingegnere Buonaseraaaaaaaaa...!!!" ..alzo gli occhi semiterrorizzato, non potendo immaginare chi fosse stato a beccarmi in quel contesto e per mia sorpresa rivedo il simpatico armatore del Nauticat 37 "Faro 3" simil-Masciarelli, già conosciuto a Prvic, con gentile consorte simil-starlette Sylva Koscina. Convenevoli di rito in banchina, con i commenti di circostanza ai luoghi visitati da ciascuno nel corso dell'ultima settimana; loro sono adesso in rientro, hanno già fatto "carte" e si apprestano a rientrare, con una traversata di oltre 80 miglia che li attende fino a S.Benedetto del Tronto a partire dalle 5 dell'indomani mattina.
Quanto a noi, tutti i propositi di passeggio serale sfumano quando Simone, nostro affidabile e proverbiale "pierre" di bordo, conosce due bimbi di una barca li di fianco, un Bavaria a motore di nome DELFIN, proveniente da Ancona, ed i tre si mettono a giocare sul molo come si conoscessero da sempre.
Con l'occasione anche noi genitori ci conosciamo, ed al simpatico Paolo, valente pescatore, scrocco un passaggio al suo barbecue appena attizzato; insieme alla gentile moglie polacca Violetta stanno arrostendo sulla brace alcune delle sue prede di giornata, ed a fine cottura mi ospitano sulla brace rimanente la mia occhiata più nutrita, ma non solo, mi ci accoppiano in dono anche un grosso sgombro che a loro sarebbe altrimenti avanzato, e già che ci sono anche un paio di bocconi di aguglia imperiale come assaggio. Non posso che sdebitarmi con due calici di prosecco ghiacciato, e non solo la cena è servita ma anche i semi di un nuovo legame che il mare ci regala sono lanciati.
I prossimi giorni, immaginando che non sarà facile separare i pargoli già in gran sintonia, intravedo una nuova flottiglia.
Post scriptum, sul posto: non è male affatto con acqua e luce a volontà, e con servizi nuovi e puliti, ma anche alla non proprio modica cifra di 24 kn/m, che sommano 230kn per noi, comprese le tasse di soggiorno. Era meglio quando si stava peggio, insomma!
(servizi igienici attrezzati e luminosi come quelli di un albergo: a tal punto che ho deciso di sbarbarmi e tagliarmi i baffi!)
Miglia percorse 18 (totali 301)
metti due amici allo yachtclub...
(virtuale, ma fa lo stesso!)
il primo, felice possessore di Nauticat 33, un pò meno felice del solito dopo tanti anni e dopo tanti ritorni dalle ferie, ai primi freddi giorni di autunno si pone il seguente quesito "escatologico":
Supponiamo che abbiate trovato, sul mercato dell'usato, la barca dei vostri sogni (Nauticat 40 piedi S&S). Barca di primario cantiere nordico, ma costruita solo in pochi esemplari per cui rara da trovare. La barca è dell'86. Il suo valore, sul mercato internazionale dell'usato va dai 150K ai 180K Euro.
Quella che voi avete trovato è caduta nelle mani di un pignolissimo armatore con notevoli conoscenze tecniche. Quando ha comperato la barca, l'ha portata in un suo capannone e ha cominciato il restauro. Ha smontato tutto: serbatoi (che erano in ferro e ha rifatto in inox) motore, invertitore (messo nuovo) ecc......per non farsi mancare nulla ha motorizzato il rollaranda (orrore) e ha motorizzato pure il rollafiocco.In pratica ha rimesso a nuovo la barca.
Finale di perversione ha installato a bordo: lavatrice,lavastoviglie e televisione satellitare. Le opere viva e morta sono state riverniciate a nuovo, dopo aver verificato l'assenza della seppur minima traccia di osmosi. Ora il nostro armatore decide di vendere l'oggetto e ne chiede 210K euro. Prezzo esorbitante, per gli anni che ha la barca (nuova oggi costerebbe circa 500K euro)
La logica mi dice di lasciar perdere, il cuore mi solletica (ndr. è cotto insomma!). Tra l'altro, attrezzata come è sarebbe anche l'ideale per l'equipaggio ridotto formato da me e mia moglie.
Di fatto è sempre il solito problema. I soldi spesi per rinnovare e ottimizzare una barca, come vanno considerati all'atto di una compra/vendita?
..allora gli fa eco l'amico di banchina (virtuale), felice a sua volta (tutti felici no?) possessore di un Alpa 11,50, di cui si è reso autore di un maniacale ed esemplare refitting, rinnovandola a nuovo con investimenti significativi e perizia tecnica da restauratore professionista, senza nessun compromesso per un risultato finale che nemmeno il Cottadori delle migliori annate avrebbe mai potuto ottenere!
Be, ne hai trovato uno che (quasi) mi batte.
Conti fatti a spanne (meglio non farli) Alpa 11.50 in buonissimo stato, pagata 40, spesi quasi 100 non considerando le mie ore di lavoro, ora la barca è lì da vedere.
Non ho ceduto ad un'offerta di 80 perché in realtà non la volevo ancora vendere.
Broker amico e sincero: "Il prezzo di mercato è tra i 30 è i 40, se vuoi realizzare te la vendo in fretta a 50, se hai pazienza si potrebbe arrivare a 70, ma non saprei tra quanto".
Se volessi venderla e me ne offrissero 80 la darei al volo.
Morale, questi acquisti si fanno col cuore, non con il portafoglio, perché si vuole una cosa da collezione, che nessuno ha e senza guardare al mercato.
Questi restauri si fanno perché piace giocare al carpentiere, al verniciatore, al committente, ecc., perché riempiono la vita. Perché piace sentirsi dire che hai un bellissimo oggetto, perché piace guardarla, toccarla e riempirsene gli occhi. Non hanno nessun riferimento pratico ad operazioni di mercato. Però sono cose divertenti per le quali, se ne hai la passione, vale la pena di spendere soldi, fatica e notti in bianco.
Conosco gente che spende delle cifre in viaggi, per seguire una squadra di calcio, altri che si svenano per la moto, altri per il giardino, altri (ed hanno la mia più sincera ed invidiosa ammirazione) per bellisime donne, ecc.
Io proverei ad andare a trovarlo con 150 in contanti in mano e altri 20 o 30 in tasca, gliene farei vedere 150 non dicendogli: "Qua, prendere o lasciare" poi da lì un dieci in più, ecc., ma parlandogli della sua barca che ti ha affascinato, con amore e riverenza, come di una cosa di cui non potresti più fare a meno, ma che non sei sicuro di poterti permettere.
Roba tipo: "E' tutto quello che ho, ho rotto anche il salvadanaio del bambino....."
Se, come me, ha messo gli occhi addosso ad un'altra preda, e gli fanno comodo, forse cede.
Ma con molto tatto, perché tipi così se si offendono, poi non te la vendono nemmeno a prezzo pieno.
E se veramente ritieni che sia la barca della tua vita (onestamente!!!!!!!), considera anche che: nella vita è meglio avere rimorsi che rimpianti e che, alla fine, la bara è senza tasche.
Auguri e.....coraggio!
Ps.
Dimenticavo: sai che ci stai rimettendo dei soldi, vero!?
Perché non recupererai mai più tutto.
mi sembra che sia stato detto tutto.. in alto i calici e Cin Cin!
il primo, felice possessore di Nauticat 33, un pò meno felice del solito dopo tanti anni e dopo tanti ritorni dalle ferie, ai primi freddi giorni di autunno si pone il seguente quesito "escatologico":
Supponiamo che abbiate trovato, sul mercato dell'usato, la barca dei vostri sogni (Nauticat 40 piedi S&S). Barca di primario cantiere nordico, ma costruita solo in pochi esemplari per cui rara da trovare. La barca è dell'86. Il suo valore, sul mercato internazionale dell'usato va dai 150K ai 180K Euro.
Quella che voi avete trovato è caduta nelle mani di un pignolissimo armatore con notevoli conoscenze tecniche. Quando ha comperato la barca, l'ha portata in un suo capannone e ha cominciato il restauro. Ha smontato tutto: serbatoi (che erano in ferro e ha rifatto in inox) motore, invertitore (messo nuovo) ecc......per non farsi mancare nulla ha motorizzato il rollaranda (orrore) e ha motorizzato pure il rollafiocco.In pratica ha rimesso a nuovo la barca.
Finale di perversione ha installato a bordo: lavatrice,lavastoviglie e televisione satellitare. Le opere viva e morta sono state riverniciate a nuovo, dopo aver verificato l'assenza della seppur minima traccia di osmosi. Ora il nostro armatore decide di vendere l'oggetto e ne chiede 210K euro. Prezzo esorbitante, per gli anni che ha la barca (nuova oggi costerebbe circa 500K euro)
La logica mi dice di lasciar perdere, il cuore mi solletica (ndr. è cotto insomma!). Tra l'altro, attrezzata come è sarebbe anche l'ideale per l'equipaggio ridotto formato da me e mia moglie.
Di fatto è sempre il solito problema. I soldi spesi per rinnovare e ottimizzare una barca, come vanno considerati all'atto di una compra/vendita?
..allora gli fa eco l'amico di banchina (virtuale), felice a sua volta (tutti felici no?) possessore di un Alpa 11,50, di cui si è reso autore di un maniacale ed esemplare refitting, rinnovandola a nuovo con investimenti significativi e perizia tecnica da restauratore professionista, senza nessun compromesso per un risultato finale che nemmeno il Cottadori delle migliori annate avrebbe mai potuto ottenere!
Be, ne hai trovato uno che (quasi) mi batte.
Conti fatti a spanne (meglio non farli) Alpa 11.50 in buonissimo stato, pagata 40, spesi quasi 100 non considerando le mie ore di lavoro, ora la barca è lì da vedere.
Non ho ceduto ad un'offerta di 80 perché in realtà non la volevo ancora vendere.
Broker amico e sincero: "Il prezzo di mercato è tra i 30 è i 40, se vuoi realizzare te la vendo in fretta a 50, se hai pazienza si potrebbe arrivare a 70, ma non saprei tra quanto".
Se volessi venderla e me ne offrissero 80 la darei al volo.
Morale, questi acquisti si fanno col cuore, non con il portafoglio, perché si vuole una cosa da collezione, che nessuno ha e senza guardare al mercato.
Questi restauri si fanno perché piace giocare al carpentiere, al verniciatore, al committente, ecc., perché riempiono la vita. Perché piace sentirsi dire che hai un bellissimo oggetto, perché piace guardarla, toccarla e riempirsene gli occhi. Non hanno nessun riferimento pratico ad operazioni di mercato. Però sono cose divertenti per le quali, se ne hai la passione, vale la pena di spendere soldi, fatica e notti in bianco.
Conosco gente che spende delle cifre in viaggi, per seguire una squadra di calcio, altri che si svenano per la moto, altri per il giardino, altri (ed hanno la mia più sincera ed invidiosa ammirazione) per bellisime donne, ecc.
Io proverei ad andare a trovarlo con 150 in contanti in mano e altri 20 o 30 in tasca, gliene farei vedere 150 non dicendogli: "Qua, prendere o lasciare" poi da lì un dieci in più, ecc., ma parlandogli della sua barca che ti ha affascinato, con amore e riverenza, come di una cosa di cui non potresti più fare a meno, ma che non sei sicuro di poterti permettere.
Roba tipo: "E' tutto quello che ho, ho rotto anche il salvadanaio del bambino....."
Se, come me, ha messo gli occhi addosso ad un'altra preda, e gli fanno comodo, forse cede.
Ma con molto tatto, perché tipi così se si offendono, poi non te la vendono nemmeno a prezzo pieno.
E se veramente ritieni che sia la barca della tua vita (onestamente!!!!!!!), considera anche che: nella vita è meglio avere rimorsi che rimpianti e che, alla fine, la bara è senza tasche.
Auguri e.....coraggio!
Ps.
Dimenticavo: sai che ci stai rimettendo dei soldi, vero!?
Perché non recupererai mai più tutto.
mi sembra che sia stato detto tutto.. in alto i calici e Cin Cin!
mercoledì 16 settembre 2009
le ferie di Charlie2 (..segue..)
8/7 - GIORNO VENTUNO - Kakan (baia Potkucina) - Ravni Zakan - Lavsa (16 mgl, in 3h. di vela + 1h. di motore)
La sventolata della notte sembra passata: ho dormito apposta a prua solo soletto e con l'osteriggio socchiuso per aver prossima alle orecchie la linea d'ancoraggio ed avvertire eventuali suoi lamenti, ma a parte il pensiero in sè che mi ha tenuto per un pò sveglio, poi nulla è accaduto di strano; l'ancora ha tenuto perfettamente ed il centinaio abbondante di barche sottovento è stato risparmiato! Il vento con i colori del mattino sembra anche meno teso, e decidiamo piuttosto di partire il prima possibile: arriva da scirocco sui 20/25 nodi ed invita per una gustosa tappa di trasferimento verso le Kornati, mentre rimanere in zona per esplorare meglio l'arcipelago di Sebenico, in questo contesto appare del tutto inutile. In effetti all'uscita del ridosso parzialmente offerto dall'isola, e dalla stessa punta settendrionale di Kaprjie, il vento appare bello steso sull'acqua invitandomi ad aprire subito il fiocco prima ancora di spegnere il motore, quindi mi spinge a proseguire con la stessa configurazione di vele anche a motore spento: la scelta appare indovinata anche in virtù di un mare incrociato discretamente formato, che mi richiede specialmente una velatura potente a prua per vincerlo in direzione NW, con il vento invece che arriva da lasco pieno; lascio quindi da parte la randa ben ripiegata, reputando che mi avrebbe solo fatto più sbandare la barca senza guadagno velocistico. La indovino oppure no, resta che alla media di 5 nodi e mezzo arriviamo all'accosto di Smokvika, ma da li in poi, entrando nel canale tra le isole ci tocca accendere nuovamente il motore con il vento che irrimediabilmente crolla e ci abbandona. Vista l'ora, infine, decidiamo di fermarci per una sosta balneare e per consumare il pranzo in baia a Ravni Zakan: gettiamo pertanto l'ancora nello specchio d'acqua cristallina prospiciente la sede del Parco marino. Consumiamo un pranzo veloce con un insalata capricciosa, poi mi tocca doverosamente accompagnare a terra il Simone in cerca dell'ennesimo gelato "Auto", vista la presenza sul posto di uno dei pochissimi market di questa zona (forse l'unico!); e la speranza è pure vana, perché nella cella frigo della Ledo proprio il gelato in questione risulta esaurito.... come magra consolazione ci sediamo nel portico della "konoba Zakan" ed offro al piccoletto una coca cola fresca (io invece mi faccio una birra fredda, ammirando i prezzi esposti sul menù della konoba: pesce a 540 kn/kg e aragoste "della vasca" a 700.. non male!).
Tornati in barca ripartiamo diretti alla meta finale della giornata, la bella baia di Lavsa che tanto mi piace: stavolta però mi diverto ad esplorare gli isolotti che la precedono da Sud verso il mare aperto, e risalendo tra questi scorci assai pittoreschi arriviamo a prendere il penultimo gavitello in baia per le 15.30, e da li in poi ci concediamo lunghe ore di riposo e bagni.
Non manca altresì un'ulteriore escursione a terra a caccia di "Ledo/Auto", nuovamente vana perché la "konoba Idra" non ha nemmeno la corrente elettrica per i frigoriferi, ma già che sono in tender adocchio una barca di pescatori in rientro e passo al piano B, all'arrembaggio in caccia di pietanza di pesce per la cena. Si tratta della gentile Marjia, pescatrice ultra settantenne accompagnata dal marito Bruno, ex tenutaria dell'omonima konoba in baia ormai dismessa, ma che non disdegna ancora di dedicarsi all'attività venatoria: dalla sua ghiacciaia di bordo quindi per 100 kune mi concede tre stupendi pagelli appena pescati, a cui faccio aggiungere in "regalo" anche una seppia ed uno scorfanetto per farci il sugo. Non male, anzi ancora meglio dopo averli gustati! E talmente buoni che dopo cena decido di ritentare la sortita con la cara Marjia, per ringraziarla della pietanza ma anche per scipparle qualche palacinka..
Passo nuovamente davanti al gestore dell'Idra snobbandolo, dopo che già aveva provato ad estorcermi 320 kn per una buzzara di scampi (poi rifilata invece a 4 tedesconi con tender Zar 43-marinaro dotato, intenti a consumarla), e mi fiondo nel giardinetto della Marjia, che non si fa pregare più di tanto e ci fa accomodare in mezzo alle reti in manutenzione mentre lei va in cucina e dalla finestra fiocamente illuminata dalle lampade a basso voltaggio, la vediamo armeggiare con uova e padelle.
Mentre consumiamo tre ottime palacincke di Marjia (invero non proprio economiche, a 20 kn l'una!), anche lei si siede al tavolo e ci racconta di come per ragioni di "carte" ha definitivamente dismesso l'attività di ristorazione, mantenendo solo per i vecchi amici e quelli più affezionati la possibilità di cucinare il suo pescato quotidiano, specificando che comunque preferisce venderlo direttamente a privati e ristoranti, e godersi il riposo a sera in compagnia del buon Bruno.
Gran bella conclusione di giornata, quindi, con rientro in tender verso la barca su un acqua letteralmente immobile, placida e scura come l'inchiostro, sotto una luna finalmente piena. Bimbi contenti e soddisfatti, e grandi pure.
Ps. eppure, vuoi il caldo, vuoi la stanchezza, non sono mancati i momenti di tensione a bordo: durante una "divergenza di vedute" con il Comandante, Simone (4 anni e già novello nocchiero di bordo), così si rivolgeva minaccioso al suo unico e sommo Ufficiale Superiore: "Giuro che ti affondo la barca e ti mando in giro col tender!" (ammutinamento peraltro presto sedato senza alcun ricorso alla forza..)
Miglia percorse 16 (miglia totali 283)
La sventolata della notte sembra passata: ho dormito apposta a prua solo soletto e con l'osteriggio socchiuso per aver prossima alle orecchie la linea d'ancoraggio ed avvertire eventuali suoi lamenti, ma a parte il pensiero in sè che mi ha tenuto per un pò sveglio, poi nulla è accaduto di strano; l'ancora ha tenuto perfettamente ed il centinaio abbondante di barche sottovento è stato risparmiato! Il vento con i colori del mattino sembra anche meno teso, e decidiamo piuttosto di partire il prima possibile: arriva da scirocco sui 20/25 nodi ed invita per una gustosa tappa di trasferimento verso le Kornati, mentre rimanere in zona per esplorare meglio l'arcipelago di Sebenico, in questo contesto appare del tutto inutile. In effetti all'uscita del ridosso parzialmente offerto dall'isola, e dalla stessa punta settendrionale di Kaprjie, il vento appare bello steso sull'acqua invitandomi ad aprire subito il fiocco prima ancora di spegnere il motore, quindi mi spinge a proseguire con la stessa configurazione di vele anche a motore spento: la scelta appare indovinata anche in virtù di un mare incrociato discretamente formato, che mi richiede specialmente una velatura potente a prua per vincerlo in direzione NW, con il vento invece che arriva da lasco pieno; lascio quindi da parte la randa ben ripiegata, reputando che mi avrebbe solo fatto più sbandare la barca senza guadagno velocistico. La indovino oppure no, resta che alla media di 5 nodi e mezzo arriviamo all'accosto di Smokvika, ma da li in poi, entrando nel canale tra le isole ci tocca accendere nuovamente il motore con il vento che irrimediabilmente crolla e ci abbandona. Vista l'ora, infine, decidiamo di fermarci per una sosta balneare e per consumare il pranzo in baia a Ravni Zakan: gettiamo pertanto l'ancora nello specchio d'acqua cristallina prospiciente la sede del Parco marino. Consumiamo un pranzo veloce con un insalata capricciosa, poi mi tocca doverosamente accompagnare a terra il Simone in cerca dell'ennesimo gelato "Auto", vista la presenza sul posto di uno dei pochissimi market di questa zona (forse l'unico!); e la speranza è pure vana, perché nella cella frigo della Ledo proprio il gelato in questione risulta esaurito.... come magra consolazione ci sediamo nel portico della "konoba Zakan" ed offro al piccoletto una coca cola fresca (io invece mi faccio una birra fredda, ammirando i prezzi esposti sul menù della konoba: pesce a 540 kn/kg e aragoste "della vasca" a 700.. non male!).
Tornati in barca ripartiamo diretti alla meta finale della giornata, la bella baia di Lavsa che tanto mi piace: stavolta però mi diverto ad esplorare gli isolotti che la precedono da Sud verso il mare aperto, e risalendo tra questi scorci assai pittoreschi arriviamo a prendere il penultimo gavitello in baia per le 15.30, e da li in poi ci concediamo lunghe ore di riposo e bagni.
Non manca altresì un'ulteriore escursione a terra a caccia di "Ledo/Auto", nuovamente vana perché la "konoba Idra" non ha nemmeno la corrente elettrica per i frigoriferi, ma già che sono in tender adocchio una barca di pescatori in rientro e passo al piano B, all'arrembaggio in caccia di pietanza di pesce per la cena. Si tratta della gentile Marjia, pescatrice ultra settantenne accompagnata dal marito Bruno, ex tenutaria dell'omonima konoba in baia ormai dismessa, ma che non disdegna ancora di dedicarsi all'attività venatoria: dalla sua ghiacciaia di bordo quindi per 100 kune mi concede tre stupendi pagelli appena pescati, a cui faccio aggiungere in "regalo" anche una seppia ed uno scorfanetto per farci il sugo. Non male, anzi ancora meglio dopo averli gustati! E talmente buoni che dopo cena decido di ritentare la sortita con la cara Marjia, per ringraziarla della pietanza ma anche per scipparle qualche palacinka..
Passo nuovamente davanti al gestore dell'Idra snobbandolo, dopo che già aveva provato ad estorcermi 320 kn per una buzzara di scampi (poi rifilata invece a 4 tedesconi con tender Zar 43-marinaro dotato, intenti a consumarla), e mi fiondo nel giardinetto della Marjia, che non si fa pregare più di tanto e ci fa accomodare in mezzo alle reti in manutenzione mentre lei va in cucina e dalla finestra fiocamente illuminata dalle lampade a basso voltaggio, la vediamo armeggiare con uova e padelle.
Mentre consumiamo tre ottime palacincke di Marjia (invero non proprio economiche, a 20 kn l'una!), anche lei si siede al tavolo e ci racconta di come per ragioni di "carte" ha definitivamente dismesso l'attività di ristorazione, mantenendo solo per i vecchi amici e quelli più affezionati la possibilità di cucinare il suo pescato quotidiano, specificando che comunque preferisce venderlo direttamente a privati e ristoranti, e godersi il riposo a sera in compagnia del buon Bruno.
Gran bella conclusione di giornata, quindi, con rientro in tender verso la barca su un acqua letteralmente immobile, placida e scura come l'inchiostro, sotto una luna finalmente piena. Bimbi contenti e soddisfatti, e grandi pure.
Ps. eppure, vuoi il caldo, vuoi la stanchezza, non sono mancati i momenti di tensione a bordo: durante una "divergenza di vedute" con il Comandante, Simone (4 anni e già novello nocchiero di bordo), così si rivolgeva minaccioso al suo unico e sommo Ufficiale Superiore: "Giuro che ti affondo la barca e ti mando in giro col tender!" (ammutinamento peraltro presto sedato senza alcun ricorso alla forza..)
Miglia percorse 16 (miglia totali 283)
martedì 15 settembre 2009
amore a prima vista!
Najad 340..... ..l'adoro da sempre e l'avrei finalmente trovata, proprio come piace a me!!!
peccato solo che la mona scandinava sia sempre così cara da possedere....
peccato solo che la mona scandinava sia sempre così cara da possedere....
lunedì 14 settembre 2009
diffidate gente..
in navigazione e crociera vale sempre il vecchio adagio:
DIFFIDA da quelli con le barche piene di pecette che imbarcano l'ancora per 15 giorni all'anno, e da quelli che mandano la moglie a prua a prendere la trappa con indosso i guanti da cucina
ma parlando invece di velisti in assetto terricolo... non possiamo che entrare nel merito dell'abbigliamento quale segno distintivo dell'elemento in questione.. e soffermandoci dunque sul famoso caro vecchio "accessorio che conta":
diffidare di più dallo pseudo regataro perennemente abbigliato con polo con colletto sollevato, perennemente e anche controvento (maglietta possibilmente della ennesima Barcolana, da sciorinare tutte le edizioni..) oppure......
....oppure diffidare dallo pseudo "perfetto" yachtsmen di liptoniana memoria, con quell'accidente di odiosa cinturina di corda e tessuto a bandierine e doppia fibbia, intenta a tenergli su i malfermi calzoni??
a vouz..
DIFFIDA da quelli con le barche piene di pecette che imbarcano l'ancora per 15 giorni all'anno, e da quelli che mandano la moglie a prua a prendere la trappa con indosso i guanti da cucina
ma parlando invece di velisti in assetto terricolo... non possiamo che entrare nel merito dell'abbigliamento quale segno distintivo dell'elemento in questione.. e soffermandoci dunque sul famoso caro vecchio "accessorio che conta":
diffidare di più dallo pseudo regataro perennemente abbigliato con polo con colletto sollevato, perennemente e anche controvento (maglietta possibilmente della ennesima Barcolana, da sciorinare tutte le edizioni..) oppure......
....oppure diffidare dallo pseudo "perfetto" yachtsmen di liptoniana memoria, con quell'accidente di odiosa cinturina di corda e tessuto a bandierine e doppia fibbia, intenta a tenergli su i malfermi calzoni??
a vouz..
giovedì 10 settembre 2009
i sogni son desideri
..e non me la sono mica sognata!!! non stanotte per lo meno..
stanotte più che altro mi ha svegliato il Francesco con le sue urla e poi faticando a riprender sonno pensavo alla sua cuginetta del Continente, che me ne era stata offerta l'altro giorno una proprio succosa..
occasione da non perdere secondo me: vecchietto che si mette a riposo dall'attività velica dopo una vita passata a voler bene alla sua creaturina...
mercoledì 9 settembre 2009
martedì 8 settembre 2009
a monito delle generazioni future!
Perchè si va a vela? Perché andare in barca è non soltanto un modo per tuffarsi nella natura, per conoscere se stessi, i propri orizzonti e i propri limiti, ma soprattutto per vivere in un'altra dimensione, per tanti motivi diversa da quella che si vive ogni giorno sulla terraferma.
L'andar per Mare -e in Mare non vi son certezze - implica una filosofia del viaggio tutta particolare; è scomodo, richiede abilità, un certo sforzo fisico, resistenza alla fatica, sangue freddo; infine, può essere rischioso.
Ma restituisce il senso dell'avventura in un modo antico, dove il tempo, lo scorrere del tempo, nonostante il prezioso ausilio delle nuove tecnologie per stabilire la posizione o misurare le distanze, non è sostanzialmente cambiato rispetto al passato.
Un'isola raggiunta in aereo è un'isola come tante altre; raggiunta dal Mare al termine di una traversata piccola o lunga che sia, diventa un luogo incantato. Il viaggio - non importa dove si va, quel che importa è andarci - accende le emozioni e libera la fantasia, tra desideri e rimpianti, nostalgie e speranze.
Con le sue giornate di calma piatta oppure di pieno sole in un cielo sereno, di brezza o di vento forte, di burrasca o tempesta, il viaggio a vela è un'allegoria della vita, la vita stessa.
Piero Ottone
lunedì 7 settembre 2009
ogni tanto me lo ripasso..
(da “bolina” n. 154, maggio 1999)
Intervista al progettista triestino,tra un piatto di polenta con ragù, un bicchiere di vino e chiacchiere sulle forme di scafi di ieri e di oggi - di Giorgio Casti
Giancarlo, andiamo a Trieste a farci maltrattare da Sciarrelli?». II destinatario della richiesta è Giancarlo Toso, già comandante del bellissimo Grande Zot. Toso lo scorso anno ha venduto la sua barca e, dopo dieci anni ai Caraibi (charter e scuola), ora vive a Venezia. Accetta di fare con noi una visita al celebre progettista Carlo Sciarrelli. «È una buona occasione per incontrare un amico, parlare di barche e visitare la sua casa-museo», dice Giancarlo Toso che ricorda in queste pagine di quando chiese al progettista triestino di disegnargli la barca.
Sciarrelli in realtà non maltratta gli ospiti, è solo un po' burbero, un sanguigno buono che si accalda nelle discussioni, ma è sempre disponibile e parlare di barche. È un piacere ascoltarlo e apprendere qualcosa della sua enorme competenza di storico dello yachting moderno.
Arriviamo a Trieste all'ora di pranzo e Carlo Sciarrelli, con nostra lieta sorpresa, si esibisce come cuoco in una polenta con ragù. Piatto ottimo e abbondante, accompagnato da un bicchiere di buon vino rosso. Con Sciarrelli non si parla subito di barche, ma di televisione, cinema, costume.
Poi, quasi casualmente, il discorso va verso la nautica, gli scafi moderni da regata («Più tela c'è più spingono, tanto sotto c'è il bulbo...»), quelle da crociera («Barche di carta velina»), quelle in ferro («Ottime barche, purché con la tuga in legno»), gli interni («Si desiderano sempre due cabine in più del lecito»)... e così via.
Bolina: Chi sono i clienti di Carlo Sciarrelli?
«Sono signori che hanno già avuto una barca e che ne cercano una più bella. Poi ci sono quelli che mi dicono che chiuderanno la fabbrichetta e che, con moglie e bambino, andranno a Capo Horn. Non è vero, mentono. Comunque, siccome per andare a Capo Horn è meglio che la barca non scappi all'orza a ogni onda, io gliela faccio. Però poi, una volta che hanno la barca, navigano solo nel Tigullio, e si lamentano perché la barca è troppo stabile di rotta e in porto non gira su se stessa, come le altre».
B.: Ma è vero che gli armatori vogliono tante cabine?
«Vengono qui con in testa cinque cabine per una barca di tredici metri. E quando io dimostro loro che tre cabine vengono male e che due è il numero giusto, se la prendono con me: "Mi hai portato via tre cabine!", dicono. Cabine che non c'erano, erano solo nel loro sogno. Vengono con un sogno eccessivo e, di fronte alla verità, se la prendono con me...».
B.: Come deve essere la barca che va bene per navigare e ha una buona abitabilità?
«Intanto bisogna dire che questa barca deve avere il pozzetto più a poppa possibile e che si deve accedere alla scala per scendere sottocoperta facendo un solo passo».
B.: Ma il pozzetto deve essere profondo?
«Basta che le panche siano al livello del fianco. L'importante è che si entri sottocoperta con un solo scalino».
B.: Andiamo sottocoperta: com'è il quadrato?
«La saletta è la zona collettiva e uno se l'arrangia come vuole. Siccome la barca è larga, diciamo 4,20 metri, e la saladeve essere un quadrato, quattro per quattro, nei primi due metri ci mettiamo quello che vuole l'armatore, carteggio, armadio per le cerate e, nell'altra parte, il tavolo con i divani».
B.: Dopo la saletta, verso prua, ci sono le cabine?
«Dopo la saletta è meglio che ci sia un corridoio con le porte a destra e a sinistra, porte che non devono combinare perché non è bello che stando in una cabina si veda l'interno dell'altra. E il meglio sarebbe un bagno per cabina...».
B.: Per lo studio degli interni lei inizia a progettare dal quadrato?
«No, parto dallo schema che mi fanno i clienti. Sì perché i clienti vengono sempre con uno schizzetto degli interni che, se realizzati, porterebbero a una barca alta il doppio del giusto. L'errore che fanno è di disegnare gli interni sulla pianta della coperta e non del pagliolo».
B.: Le forme larghe delle barche di oggi derivano dalle cabine doppie di poppa?
«Gli interni influenzano soprattutto le tughe e il bordo libero alto; poi, per smagrire la barca, fanno una bella riga blu, e via... Se a una barca stretta e fonda, si mettesse una delle brutte tughe di oggi, avrebbe più spazi di una barca larga e piatta. Le barche di adesso sono più abitabili solo grazie alle sovrastrutture, non per le linee dello scafo».
B.: Il disegno della poppa ha sempre caratterizzato le barche. Perché?
«Le barche hanno la prua quasi sempre uguale, è la poppa che cambia, che fa moda. Prendiamo una barca banale, di quelle di oggi, che in velocità mettono la prua sotto e che servono cinque persone in piedi, dietro, per raddrizzarla: una roba un po' precarietta. Poi uno guarda le foto di una volta, per esempio quelle di Beken, e vede che quelle barche, navigando con vento forte, tenevano il naso alto: avevano la poppa più fine e più fonda».
B.: Cosa vuole dire "poppa più fine e più fonda"?
«Di sezione profonda, non di sezione piatta. Perché la sezione fonda tende a essere "succhiata" in basso mentre quella piatta viene spinta in alto. Ciò non vuole dire che la barca di Soldini si può fare con la poppa fine: ha la poppa larghissima e verso prua è come un cuneo. Poi siccome la barca non pesa niente, appena sbanda va tutta fuori dall'acqua e il fianco diventa dritto. Per fare quei raid la barca di Soldini è magnifica, funziona. Io comunque cerco di fare barche che devono stare in rotta e non è l'abilità di un timoniere con una ruota di due metri diametro che le deve tenere dritte».
B.: La stabilità di rotta si ottiene con sezioni profonde?
«Solo con poppe non larghe e fonde di sezione. Cosa ormai scomparsa, perché oggi è più importante che la barca giri sul posto in un marina quando va da un ormeggio all'altro, piuttosto che andare dritta. Del resto per secoli si è fatta la poppa fine e che dà rotta alla barca. Adesso, con le alte velocità di un trimarano, si sono accorti che è così, perché quando naviga a 25-30 nodi la "scarpa" sottovento dev'essere giusta, infatti la fanno come un pescetto».
B.: Com'è la poppa della sua ultima sua barca?
«Ci sono poppe che sono durate dei secoli e io mi ispiro a quelle. Il clipper Cutty Sark doveva impiegare sessanta giorni dall'Australia all'Inghilterra. Guai se scappava all'orza! Aveva le vele quadre e gli alberi l'avrebbero portato a collo facendo cascare tutto. Spaventoso! Erano barche che avevano la sezione maestra un po' più a prua della metà. Quando questo tipo di barche in velocità sbanda, tende a poggiare, mentre le vele buttano in orza. Dondolando tra un'orzatina e una poggiatina, senza scappare mai controvento, potevano navigare all'infinito. Joshua Slocum, con lo Spray, sembrava poco credibile quando disse che per tutto il Pacifico era stato al timone solo un quarto d'ora. E invece era andata proprio così: quel tipo di barca non vira mai, neanche se si vuole. Il mare la butta in poggia e le vele un po' in orza. E così, dondolando, naviga all'infinito».
B.: È la magia della stabilità di rotta, indispensabile per un lungo viaggio con equipaggio ridotto?
«Esattamente».
B.: Lei ha progettato molte barche da viaggio?
«Sì, diverse. Ora ce n'è una di sedici metri in costruzione da Mancini vicino a Venezia, un po' pesante ma magnifica. Le barche si fanno secondo il materiale e il peso, non è che uno ha una forma e questa la può adattare a tutto. Secondo il pesoviene fuori la forma».
B.: Ma a proposito del ferro, lei tempo fa diceva che è un materiale da "pezzenti"...
«Le barche di ferro sono serie e magnifiche. È la gente che ama il ferro che è miserabile e pezzente: vuole la tuga di ferro, le paratie di ferro, gli alberi di ferro, vuole tutto di ferro. E allora il cantiere deve essere il più scadente, quello del peschereccio, coperta di quattro millimetri perché quel cantiere non sa saldare la lamiera di tre...».
B.: Quindi il ferro va bene, ma bisogna rispettare i pesi. È così?
«Ormai le riviste hanno inventato lo yachting parlato che però non ha nessun aggancio con le barche. Il linguaggio è stato affinato nei millenni per dire le bugie. La verità non ha un linguaggio. Oggi c'è il colore dell'albero parlato, c'è la carpenteria parlata, etc. Poi, gravissimo, c'è la coperta e la tuga di ferro, parlata. E un falso clamoroso, perché nel passato nessuno si era mai sognato di fare una coperta in ferro».
B.: Lo scafo in ferro potrebbe avere la coperta di legno?
«La coperta "deve" essere di legno. È una bestialità mettere ferro con sotto il legno degli interni imbullonato. Una volta la coperta era di teak imbullonato sui bagli, quando si imbullonava; adesso che si incolla, si mette un foglio di compensato con sopra il teak. Semplice».
B.: Che incidenza ha il peso della coperta in ferro, rispetto a una uguale in legno?
«Il ferro ha il doppio del peso del legno. Se aggiungo 500 chili in coperta devo aggiungere 500 chili in chiglia. E la barca pesa un metro cubo di più. E dove lo metto il metro cubo? Lo metto in fondo. Allora perde stabilità, perché diventa più fonda e quindi devo mettere ancora più zavorra, ancora più peso... un'escalation che non finisce più. Per cinquecento chili in coperta la barca arriva a pesare duemila chili in più!».
B.: La coperta in ferro dà l'idea di impermeabilità...
«Appunto, è la "barca parlata". Certo, resiste agli iceberg ma non resiste al sole, all'umidità, alla pioggia. Ma soprattutto non va bene a vela!».
B.: Visto che il ferro è un materiale poco costoso, si pensa che vale la pena usarlo anche per la coperta...
«Una volta, quando si decideva di costruire una nave economica, come un bastimento per portare il carbone, si faceva in ferro ma con la coperta in legno, non in ferro! ».
B.: E comunque lei continua a progettare barche in ferro...
«Certo, per il cantiere Mancini di Venezia, il quale impiega l'acciaio 510 che consente di usare lamiere un terzo più fini di una normale AQ42. La barca di sedici metri che sta facendo ha il fasciame di tre millimetri: lo spessore giusto».
B.: In effetti i tre millimetri "parlati" sembrano pochi...
«Sentite questa. Mi telefonò tempo fa un signore da Roma: "Sciarrelli - mi disse - lei che sa tutto, conosce il Wyvern II del 1943?". Ricordavo di avere letto di quella barca su un vecchio numero di Yachting World. Insomma, mi raccontò di avere comprato tale barca in Inghilterra e che il Rina non voleva immatricolarla perché aveva il fasciame "ridotto" a soli 3 millimetri. Andai a vedere sulla rivista i disegni del progetto: lo spessore del fasciame era di 3 millimetri! Era una barca ribattuta, costruita in tempo di guerra e dopo 57 anni non era andata sotto di un micron della sua misura originaria. Eppure nella testa del Rina non era concepibile che una barca in ferro potesse avere lo spessore di 3 millimetri. È il frutto della nautica parlata».
B.:Ma quanto costa uno Sciarrelli oggi?
«II tipo di barca come quella in costruzione in questo momento da Carlini costa 75-80 mila lire al chilo».
B.: Dieci tonnellate, ottocento milioni?
«Oggi le barche da sette miliardi si vendono come il pan biscotto. Quelle da duecento milioni, invece, sono dure da piazzare. Se uno vuole fare una barca di nove metri e dice "Me la faccia fare su misura, bella, marina, pesante", costa 350 milioni. Poi si accorge che quella industriale della stessa misura, una schifezza di plastica che sembra carta velina, costa 280 milioni; in queste misure non c'è niente che fermi il prezzo inferiore: vince sempre. Mentre su misure più grandi, chi è disposto a spendere un miliardo e mezzo non vuole spendere meno di quanto spenderebbe per la barca di serie più cara. Quando la differenza è piccola conta molto, quando è grande non conta niente».
Intervista al progettista triestino,tra un piatto di polenta con ragù, un bicchiere di vino e chiacchiere sulle forme di scafi di ieri e di oggi - di Giorgio Casti
Giancarlo, andiamo a Trieste a farci maltrattare da Sciarrelli?». II destinatario della richiesta è Giancarlo Toso, già comandante del bellissimo Grande Zot. Toso lo scorso anno ha venduto la sua barca e, dopo dieci anni ai Caraibi (charter e scuola), ora vive a Venezia. Accetta di fare con noi una visita al celebre progettista Carlo Sciarrelli. «È una buona occasione per incontrare un amico, parlare di barche e visitare la sua casa-museo», dice Giancarlo Toso che ricorda in queste pagine di quando chiese al progettista triestino di disegnargli la barca.
Sciarrelli in realtà non maltratta gli ospiti, è solo un po' burbero, un sanguigno buono che si accalda nelle discussioni, ma è sempre disponibile e parlare di barche. È un piacere ascoltarlo e apprendere qualcosa della sua enorme competenza di storico dello yachting moderno.
Arriviamo a Trieste all'ora di pranzo e Carlo Sciarrelli, con nostra lieta sorpresa, si esibisce come cuoco in una polenta con ragù. Piatto ottimo e abbondante, accompagnato da un bicchiere di buon vino rosso. Con Sciarrelli non si parla subito di barche, ma di televisione, cinema, costume.
Poi, quasi casualmente, il discorso va verso la nautica, gli scafi moderni da regata («Più tela c'è più spingono, tanto sotto c'è il bulbo...»), quelle da crociera («Barche di carta velina»), quelle in ferro («Ottime barche, purché con la tuga in legno»), gli interni («Si desiderano sempre due cabine in più del lecito»)... e così via.
Bolina: Chi sono i clienti di Carlo Sciarrelli?
«Sono signori che hanno già avuto una barca e che ne cercano una più bella. Poi ci sono quelli che mi dicono che chiuderanno la fabbrichetta e che, con moglie e bambino, andranno a Capo Horn. Non è vero, mentono. Comunque, siccome per andare a Capo Horn è meglio che la barca non scappi all'orza a ogni onda, io gliela faccio. Però poi, una volta che hanno la barca, navigano solo nel Tigullio, e si lamentano perché la barca è troppo stabile di rotta e in porto non gira su se stessa, come le altre».
B.: Ma è vero che gli armatori vogliono tante cabine?
«Vengono qui con in testa cinque cabine per una barca di tredici metri. E quando io dimostro loro che tre cabine vengono male e che due è il numero giusto, se la prendono con me: "Mi hai portato via tre cabine!", dicono. Cabine che non c'erano, erano solo nel loro sogno. Vengono con un sogno eccessivo e, di fronte alla verità, se la prendono con me...».
B.: Come deve essere la barca che va bene per navigare e ha una buona abitabilità?
«Intanto bisogna dire che questa barca deve avere il pozzetto più a poppa possibile e che si deve accedere alla scala per scendere sottocoperta facendo un solo passo».
B.: Ma il pozzetto deve essere profondo?
«Basta che le panche siano al livello del fianco. L'importante è che si entri sottocoperta con un solo scalino».
B.: Andiamo sottocoperta: com'è il quadrato?
«La saletta è la zona collettiva e uno se l'arrangia come vuole. Siccome la barca è larga, diciamo 4,20 metri, e la saladeve essere un quadrato, quattro per quattro, nei primi due metri ci mettiamo quello che vuole l'armatore, carteggio, armadio per le cerate e, nell'altra parte, il tavolo con i divani».
B.: Dopo la saletta, verso prua, ci sono le cabine?
«Dopo la saletta è meglio che ci sia un corridoio con le porte a destra e a sinistra, porte che non devono combinare perché non è bello che stando in una cabina si veda l'interno dell'altra. E il meglio sarebbe un bagno per cabina...».
B.: Per lo studio degli interni lei inizia a progettare dal quadrato?
«No, parto dallo schema che mi fanno i clienti. Sì perché i clienti vengono sempre con uno schizzetto degli interni che, se realizzati, porterebbero a una barca alta il doppio del giusto. L'errore che fanno è di disegnare gli interni sulla pianta della coperta e non del pagliolo».
B.: Le forme larghe delle barche di oggi derivano dalle cabine doppie di poppa?
«Gli interni influenzano soprattutto le tughe e il bordo libero alto; poi, per smagrire la barca, fanno una bella riga blu, e via... Se a una barca stretta e fonda, si mettesse una delle brutte tughe di oggi, avrebbe più spazi di una barca larga e piatta. Le barche di adesso sono più abitabili solo grazie alle sovrastrutture, non per le linee dello scafo».
B.: Il disegno della poppa ha sempre caratterizzato le barche. Perché?
«Le barche hanno la prua quasi sempre uguale, è la poppa che cambia, che fa moda. Prendiamo una barca banale, di quelle di oggi, che in velocità mettono la prua sotto e che servono cinque persone in piedi, dietro, per raddrizzarla: una roba un po' precarietta. Poi uno guarda le foto di una volta, per esempio quelle di Beken, e vede che quelle barche, navigando con vento forte, tenevano il naso alto: avevano la poppa più fine e più fonda».
B.: Cosa vuole dire "poppa più fine e più fonda"?
«Di sezione profonda, non di sezione piatta. Perché la sezione fonda tende a essere "succhiata" in basso mentre quella piatta viene spinta in alto. Ciò non vuole dire che la barca di Soldini si può fare con la poppa fine: ha la poppa larghissima e verso prua è come un cuneo. Poi siccome la barca non pesa niente, appena sbanda va tutta fuori dall'acqua e il fianco diventa dritto. Per fare quei raid la barca di Soldini è magnifica, funziona. Io comunque cerco di fare barche che devono stare in rotta e non è l'abilità di un timoniere con una ruota di due metri diametro che le deve tenere dritte».
B.: La stabilità di rotta si ottiene con sezioni profonde?
«Solo con poppe non larghe e fonde di sezione. Cosa ormai scomparsa, perché oggi è più importante che la barca giri sul posto in un marina quando va da un ormeggio all'altro, piuttosto che andare dritta. Del resto per secoli si è fatta la poppa fine e che dà rotta alla barca. Adesso, con le alte velocità di un trimarano, si sono accorti che è così, perché quando naviga a 25-30 nodi la "scarpa" sottovento dev'essere giusta, infatti la fanno come un pescetto».
B.: Com'è la poppa della sua ultima sua barca?
«Ci sono poppe che sono durate dei secoli e io mi ispiro a quelle. Il clipper Cutty Sark doveva impiegare sessanta giorni dall'Australia all'Inghilterra. Guai se scappava all'orza! Aveva le vele quadre e gli alberi l'avrebbero portato a collo facendo cascare tutto. Spaventoso! Erano barche che avevano la sezione maestra un po' più a prua della metà. Quando questo tipo di barche in velocità sbanda, tende a poggiare, mentre le vele buttano in orza. Dondolando tra un'orzatina e una poggiatina, senza scappare mai controvento, potevano navigare all'infinito. Joshua Slocum, con lo Spray, sembrava poco credibile quando disse che per tutto il Pacifico era stato al timone solo un quarto d'ora. E invece era andata proprio così: quel tipo di barca non vira mai, neanche se si vuole. Il mare la butta in poggia e le vele un po' in orza. E così, dondolando, naviga all'infinito».
B.: È la magia della stabilità di rotta, indispensabile per un lungo viaggio con equipaggio ridotto?
«Esattamente».
B.: Lei ha progettato molte barche da viaggio?
«Sì, diverse. Ora ce n'è una di sedici metri in costruzione da Mancini vicino a Venezia, un po' pesante ma magnifica. Le barche si fanno secondo il materiale e il peso, non è che uno ha una forma e questa la può adattare a tutto. Secondo il pesoviene fuori la forma».
B.: Ma a proposito del ferro, lei tempo fa diceva che è un materiale da "pezzenti"...
«Le barche di ferro sono serie e magnifiche. È la gente che ama il ferro che è miserabile e pezzente: vuole la tuga di ferro, le paratie di ferro, gli alberi di ferro, vuole tutto di ferro. E allora il cantiere deve essere il più scadente, quello del peschereccio, coperta di quattro millimetri perché quel cantiere non sa saldare la lamiera di tre...».
B.: Quindi il ferro va bene, ma bisogna rispettare i pesi. È così?
«Ormai le riviste hanno inventato lo yachting parlato che però non ha nessun aggancio con le barche. Il linguaggio è stato affinato nei millenni per dire le bugie. La verità non ha un linguaggio. Oggi c'è il colore dell'albero parlato, c'è la carpenteria parlata, etc. Poi, gravissimo, c'è la coperta e la tuga di ferro, parlata. E un falso clamoroso, perché nel passato nessuno si era mai sognato di fare una coperta in ferro».
B.: Lo scafo in ferro potrebbe avere la coperta di legno?
«La coperta "deve" essere di legno. È una bestialità mettere ferro con sotto il legno degli interni imbullonato. Una volta la coperta era di teak imbullonato sui bagli, quando si imbullonava; adesso che si incolla, si mette un foglio di compensato con sopra il teak. Semplice».
B.: Che incidenza ha il peso della coperta in ferro, rispetto a una uguale in legno?
«Il ferro ha il doppio del peso del legno. Se aggiungo 500 chili in coperta devo aggiungere 500 chili in chiglia. E la barca pesa un metro cubo di più. E dove lo metto il metro cubo? Lo metto in fondo. Allora perde stabilità, perché diventa più fonda e quindi devo mettere ancora più zavorra, ancora più peso... un'escalation che non finisce più. Per cinquecento chili in coperta la barca arriva a pesare duemila chili in più!».
B.: La coperta in ferro dà l'idea di impermeabilità...
«Appunto, è la "barca parlata". Certo, resiste agli iceberg ma non resiste al sole, all'umidità, alla pioggia. Ma soprattutto non va bene a vela!».
B.: Visto che il ferro è un materiale poco costoso, si pensa che vale la pena usarlo anche per la coperta...
«Una volta, quando si decideva di costruire una nave economica, come un bastimento per portare il carbone, si faceva in ferro ma con la coperta in legno, non in ferro! ».
B.: E comunque lei continua a progettare barche in ferro...
«Certo, per il cantiere Mancini di Venezia, il quale impiega l'acciaio 510 che consente di usare lamiere un terzo più fini di una normale AQ42. La barca di sedici metri che sta facendo ha il fasciame di tre millimetri: lo spessore giusto».
B.: In effetti i tre millimetri "parlati" sembrano pochi...
«Sentite questa. Mi telefonò tempo fa un signore da Roma: "Sciarrelli - mi disse - lei che sa tutto, conosce il Wyvern II del 1943?". Ricordavo di avere letto di quella barca su un vecchio numero di Yachting World. Insomma, mi raccontò di avere comprato tale barca in Inghilterra e che il Rina non voleva immatricolarla perché aveva il fasciame "ridotto" a soli 3 millimetri. Andai a vedere sulla rivista i disegni del progetto: lo spessore del fasciame era di 3 millimetri! Era una barca ribattuta, costruita in tempo di guerra e dopo 57 anni non era andata sotto di un micron della sua misura originaria. Eppure nella testa del Rina non era concepibile che una barca in ferro potesse avere lo spessore di 3 millimetri. È il frutto della nautica parlata».
B.:Ma quanto costa uno Sciarrelli oggi?
«II tipo di barca come quella in costruzione in questo momento da Carlini costa 75-80 mila lire al chilo».
B.: Dieci tonnellate, ottocento milioni?
«Oggi le barche da sette miliardi si vendono come il pan biscotto. Quelle da duecento milioni, invece, sono dure da piazzare. Se uno vuole fare una barca di nove metri e dice "Me la faccia fare su misura, bella, marina, pesante", costa 350 milioni. Poi si accorge che quella industriale della stessa misura, una schifezza di plastica che sembra carta velina, costa 280 milioni; in queste misure non c'è niente che fermi il prezzo inferiore: vince sempre. Mentre su misure più grandi, chi è disposto a spendere un miliardo e mezzo non vuole spendere meno di quanto spenderebbe per la barca di serie più cara. Quando la differenza è piccola conta molto, quando è grande non conta niente».
giovedì 3 settembre 2009
dal forum di Amici della Vela..
ricopio a memoria dei posteri un mio intervento a tema (scottante!): ormeggio di poppa con il vento al traverso
a questo:
Messaggio inserito da anto:
Il quesito è questo: arrivando in banchina per un ormeggio di poppa, con il vento al traverso che fa ovviamente scadere la prua, avendo a terra l'assistenza degli ormeggiatori, ed essendo munito il marina di corpi morti con relative trappe elencate tutte le operazioni che eseguite per una manovra corretta e non disastrosa.
io così rispondo:
stai generalizzando, eccessivamente.
punto 1) con il vento al traverso si entra di prua, e non ci sono cazzi.. non si va a cercar rogne, cioè a cercar di far danni a sè stessi e gli altri
poi.. 2) sei da solo? hai un equipaggio? e l'equipaggio che gente è? famigliola con pargoli che strillano o gente sveglia?
la barca.. 3) chiglia lunga o profonda o bella panciona con timone appeso? l'elica.. ne conosci il verso di rotazione per sfruttarne l'effetto evolutivo? magari la barca ha pure l'elica di prua e tagliamo la testa al toro..
a terra.. c'è qualcuno che assiste? sono ormeggiatori o semplici avventori di pontile?
io quest'estate (a Prvic n.d.r) con equipaggio familiare e barca senza bow thruster e con chiglia profonda e skeg che mi richiede molta acqua libera in manovra pensi che abbia mai pensato ad entrare di poppa con vento al traverso??
la risposta è si- ci ho provato una volta **per esercizio** su un molo pressoché libero, tre posti in fila sgombri e potevo scegliere dove mettermi, pure senza assistenza a terra!
sapevo di non rischiare di far danni ed ho voluto provarci, con tanta acqua a prua per manovrare e far governare bene al timone.. ma senza esito, anche perché senza altre barche che riparano si prende ancora più vento ed è ancora meno semplice, io ho provato due volte di fila inutilmente, la seconda volta intraversandomi letteralmente al vento.. tutto inutile cioè.
forse ci sarei riuscito avendo a terra l'ormeggiatore che ci avesse passato la tirella bella lunga, ma avrei lo stesso rischiato di prenderla con l'elica.. figuriamoci senza nessuno a terra, quindi con la necessità di far scendere la moglie con balzo felino e fulmineo!!!
..al terzo giro, di prua. e sono entrato diretto.
poi aggiungo.. in "arrivo" di solito si è stanchi. anche se non si viene da una traversata ma solo da un bagnetto in rada si è comunque cotti dal sole e non si ragiona bene, di solito. si viene assaliti dall'improvvisa voglia di mettere piede a terra, anche se non lo si ammette. e si ha fretta, anche senza volerlo. quindi. meglio di prua.
poi uscendo, anche ammesso che il vento non si fosse calmato ed avessimo la necessità di andare via ugualmente, almeno la testa di tutto l'equipaggio è più fresca, tutti si è più sereni e riposati, e si ragiona meglio.
do per scontato, peraltro, che il momento dell'attracco non è più di tanto programmabile e si manovra con le condiizoni contingenti che il mare ci regala, diversamente al momento di salpare che è differibile, e gestibile in maniera molto flessibile... e questo per rispondere a chi dice che entrando di poppa poi ha più facilità a lasciare l'ormeggio dopo!
dunque... l'ormeggio di prua non è affatto "peccato".
ma. se proprio vuoi che ti risponda al quesito ugualmente va fatto almeno un primo distinguo tra due casi ben determinati.
porto pubblico, alias banchina comunale... piuttosto che marina privata, darsena o porto turistico propriamente detto.
nel primo caso avremo generalmente delle banchine di cemento, il più delle volte la banchina è una sola a meno di eventuali bracci di molo di sopraflutto che non ci riguardano.. in tutti i casi avremo le barche ormeggiate di punta a questo molo, con corpi morti sul fondo collegati a tirelle fino al molo, e quasi certamente molto molto spazio per manovrare davanti, che è l'elemento discriminante.
sottolineo questo aspetto perché io in questi casi se proprio "voglio andarmi a cercare l'erba che Dio maledisse" do ancora ben distante dal molo e specialmente in direzione obliqua al mio posto, ovviamente dal lato sopravvento a questo, e poi scado in retro filando progressivamente catena: la prua non si sposterà sottovento e riuscirò a centrare il posto che mi è stato assegnato con buona certezza, possibilmente con parabordi in abbondanza dal lato sottovento visto il rischio di appoggiarsi alla barca ormeggiata a fianco da quel lato, e se le condizioni lo richiedono affidando il parabordo più grosso che c'è a bordo alle mani di una persona sveglia, che terrà gli occhi aperti e lo piazzerà anche "volante" dove le circostanze dovessero richiederlo... poi aggiungerò almeno una trappa ugualmente, possibilmente sempre dal lato sopravento, o piuttosto se ho il salpaancora elettrico quindi due bitte libere, prenderò se ci sono entrambe le trappe e filerò un pò di catena in più per non sforzare il salpa
secondo caso... marina o porto turistico
qui prima di tutto è diversa la situazione dei moli.. lo schema gira e rigira è sempre lo stesso, cioè molo principale e pontili eventualmente galleggianti a pettine.. trappe al solito su corpi morti, qui il più delle volte collegate da catenarie a mezz'acqua, ovvero secondo gli usi locali, anche possibilità di briccole.
in tutti i casi l'elemento discriminante è la presenza del molo di fronte.. se abbiamo detto vento al traverso rispetto al posto barca significa che il vento soffia nella direzione della corsia di manovra, nell'uno o nell'altro senso.. comunque di fronte c'è un altro molo o pontile. ergo, non posso dare ancora, perché non ho spazio a sufficienza, per non parlare della possibilità di avere anche la catenaria.
in questi casi serve veramente un equipaggio sveglio.. e senza elica di prua nè persone di buona volontà che scendono sul battellino e ti tengono ferma la prua non rimane che usare una cima di RITENUTA
..quindi entrare sempre nella corsia di manovra con la prua rivolta alla direzione da cui proviene il vento, che almeno si rischia meno di traversarsi al vento mentre si scorre la corsia fino al proprio posto, poi li in base anche alla voglia di collaborazione di altri equipaggi sulle barche ormeggiate ("ehi!!! ..c'è qualcuno a bordo??") si può dare una ritenuta lunga in doppino sulla barca di fronte, o se c'è sulla briccola del posto barca di fronte al nostro, sull'altro pontile insomma.. e sempre ovviamente sopravento all'allineamento del nostro posto d'ormeggio.
per assurdo si può anche entrare affiancati al molo dove sta il nostro posto, scorrendo le prue delle altre barche ormeggiate, e dare da quel lato la cima di ritenuta da passare a doppino (per esempio se non abbiamo a bordo una cima sufficientemente lunga da stendere fino al molo di fronte, possibilmente sempre in doppino).. la si passerà da poppa o dalla prua, comunque l'addetto a bordo dovrà portarla fino alla nostra prua, e dovrà essere una persona molto sveglia perché dovrà regolarne la tensione in funzione dei movimenti che la prua della barca assume, sotto l'effetto delle manovre del timoniere (effetti dell'elica e del timone) sia sotto la spinta del vento che man mano che la barca si gira per accedere di punta al posto barca si farà sentire sempre di più..
insomma.. serve allenamento. molto culo, e tanti parabordi.
e, dimenticavo: da fare possibilmente sempre a motore!!!
a questo:
Messaggio inserito da anto:
Il quesito è questo: arrivando in banchina per un ormeggio di poppa, con il vento al traverso che fa ovviamente scadere la prua, avendo a terra l'assistenza degli ormeggiatori, ed essendo munito il marina di corpi morti con relative trappe elencate tutte le operazioni che eseguite per una manovra corretta e non disastrosa.
io così rispondo:
stai generalizzando, eccessivamente.
punto 1) con il vento al traverso si entra di prua, e non ci sono cazzi.. non si va a cercar rogne, cioè a cercar di far danni a sè stessi e gli altri
poi.. 2) sei da solo? hai un equipaggio? e l'equipaggio che gente è? famigliola con pargoli che strillano o gente sveglia?
la barca.. 3) chiglia lunga o profonda o bella panciona con timone appeso? l'elica.. ne conosci il verso di rotazione per sfruttarne l'effetto evolutivo? magari la barca ha pure l'elica di prua e tagliamo la testa al toro..
a terra.. c'è qualcuno che assiste? sono ormeggiatori o semplici avventori di pontile?
io quest'estate (a Prvic n.d.r) con equipaggio familiare e barca senza bow thruster e con chiglia profonda e skeg che mi richiede molta acqua libera in manovra pensi che abbia mai pensato ad entrare di poppa con vento al traverso??
la risposta è si- ci ho provato una volta **per esercizio** su un molo pressoché libero, tre posti in fila sgombri e potevo scegliere dove mettermi, pure senza assistenza a terra!
sapevo di non rischiare di far danni ed ho voluto provarci, con tanta acqua a prua per manovrare e far governare bene al timone.. ma senza esito, anche perché senza altre barche che riparano si prende ancora più vento ed è ancora meno semplice, io ho provato due volte di fila inutilmente, la seconda volta intraversandomi letteralmente al vento.. tutto inutile cioè.
forse ci sarei riuscito avendo a terra l'ormeggiatore che ci avesse passato la tirella bella lunga, ma avrei lo stesso rischiato di prenderla con l'elica.. figuriamoci senza nessuno a terra, quindi con la necessità di far scendere la moglie con balzo felino e fulmineo!!!
..al terzo giro, di prua. e sono entrato diretto.
poi aggiungo.. in "arrivo" di solito si è stanchi. anche se non si viene da una traversata ma solo da un bagnetto in rada si è comunque cotti dal sole e non si ragiona bene, di solito. si viene assaliti dall'improvvisa voglia di mettere piede a terra, anche se non lo si ammette. e si ha fretta, anche senza volerlo. quindi. meglio di prua.
poi uscendo, anche ammesso che il vento non si fosse calmato ed avessimo la necessità di andare via ugualmente, almeno la testa di tutto l'equipaggio è più fresca, tutti si è più sereni e riposati, e si ragiona meglio.
do per scontato, peraltro, che il momento dell'attracco non è più di tanto programmabile e si manovra con le condiizoni contingenti che il mare ci regala, diversamente al momento di salpare che è differibile, e gestibile in maniera molto flessibile... e questo per rispondere a chi dice che entrando di poppa poi ha più facilità a lasciare l'ormeggio dopo!
dunque... l'ormeggio di prua non è affatto "peccato".
ma. se proprio vuoi che ti risponda al quesito ugualmente va fatto almeno un primo distinguo tra due casi ben determinati.
porto pubblico, alias banchina comunale... piuttosto che marina privata, darsena o porto turistico propriamente detto.
nel primo caso avremo generalmente delle banchine di cemento, il più delle volte la banchina è una sola a meno di eventuali bracci di molo di sopraflutto che non ci riguardano.. in tutti i casi avremo le barche ormeggiate di punta a questo molo, con corpi morti sul fondo collegati a tirelle fino al molo, e quasi certamente molto molto spazio per manovrare davanti, che è l'elemento discriminante.
sottolineo questo aspetto perché io in questi casi se proprio "voglio andarmi a cercare l'erba che Dio maledisse" do ancora ben distante dal molo e specialmente in direzione obliqua al mio posto, ovviamente dal lato sopravvento a questo, e poi scado in retro filando progressivamente catena: la prua non si sposterà sottovento e riuscirò a centrare il posto che mi è stato assegnato con buona certezza, possibilmente con parabordi in abbondanza dal lato sottovento visto il rischio di appoggiarsi alla barca ormeggiata a fianco da quel lato, e se le condizioni lo richiedono affidando il parabordo più grosso che c'è a bordo alle mani di una persona sveglia, che terrà gli occhi aperti e lo piazzerà anche "volante" dove le circostanze dovessero richiederlo... poi aggiungerò almeno una trappa ugualmente, possibilmente sempre dal lato sopravento, o piuttosto se ho il salpaancora elettrico quindi due bitte libere, prenderò se ci sono entrambe le trappe e filerò un pò di catena in più per non sforzare il salpa
secondo caso... marina o porto turistico
qui prima di tutto è diversa la situazione dei moli.. lo schema gira e rigira è sempre lo stesso, cioè molo principale e pontili eventualmente galleggianti a pettine.. trappe al solito su corpi morti, qui il più delle volte collegate da catenarie a mezz'acqua, ovvero secondo gli usi locali, anche possibilità di briccole.
in tutti i casi l'elemento discriminante è la presenza del molo di fronte.. se abbiamo detto vento al traverso rispetto al posto barca significa che il vento soffia nella direzione della corsia di manovra, nell'uno o nell'altro senso.. comunque di fronte c'è un altro molo o pontile. ergo, non posso dare ancora, perché non ho spazio a sufficienza, per non parlare della possibilità di avere anche la catenaria.
in questi casi serve veramente un equipaggio sveglio.. e senza elica di prua nè persone di buona volontà che scendono sul battellino e ti tengono ferma la prua non rimane che usare una cima di RITENUTA
..quindi entrare sempre nella corsia di manovra con la prua rivolta alla direzione da cui proviene il vento, che almeno si rischia meno di traversarsi al vento mentre si scorre la corsia fino al proprio posto, poi li in base anche alla voglia di collaborazione di altri equipaggi sulle barche ormeggiate ("ehi!!! ..c'è qualcuno a bordo??") si può dare una ritenuta lunga in doppino sulla barca di fronte, o se c'è sulla briccola del posto barca di fronte al nostro, sull'altro pontile insomma.. e sempre ovviamente sopravento all'allineamento del nostro posto d'ormeggio.
per assurdo si può anche entrare affiancati al molo dove sta il nostro posto, scorrendo le prue delle altre barche ormeggiate, e dare da quel lato la cima di ritenuta da passare a doppino (per esempio se non abbiamo a bordo una cima sufficientemente lunga da stendere fino al molo di fronte, possibilmente sempre in doppino).. la si passerà da poppa o dalla prua, comunque l'addetto a bordo dovrà portarla fino alla nostra prua, e dovrà essere una persona molto sveglia perché dovrà regolarne la tensione in funzione dei movimenti che la prua della barca assume, sotto l'effetto delle manovre del timoniere (effetti dell'elica e del timone) sia sotto la spinta del vento che man mano che la barca si gira per accedere di punta al posto barca si farà sentire sempre di più..
insomma.. serve allenamento. molto culo, e tanti parabordi.
e, dimenticavo: da fare possibilmente sempre a motore!!!
martedì 1 settembre 2009
le ferie di Charlie2 (..segue..)
7/7 - GIORNO VENTI - Scardona - (Sebenico) - Zlarin - Kaprije - Kakan, baia Potkucina (20 miglia, 4,5h a motore)
Stamattina ho deciso di capire quel che accade a mia insaputa in sentina, al che spedisco la famiglia a passeggio a far spese (al solito: pane fresco, carne e insalata; ma anche qualche cassa d'acqua sfruttando il Konzum vicinissimo alla barca, e ci scappano anche braccioli nuovi per Simone e ciabatte simil-Crocs per me, che peso tanto e le buco come fossero burro..), poi se ne andranno anche alla spiaggetta attrezzata del paese lungo il fiume, ed io mi dedico alle manutenzioni in tutta pace, calandomi letteralmente dentro le viscere del Topkapi.
Le famose "perdite" erano aumentate da qualche giorno, ma finché si trattava di un fondo di acqua non mi preoccupavo: due giorni fà ho notato l'acqua crescere seriamente, e anche senza assaggio avevo creduto che le sacche in pvc a prua sotto lo sforzo del pieno fatto a Prvic avessero iniziato a perdere più copiosamente di prima (ho sempre creduto in questa perdita, facendo il pieno tutte le volte che è stato possibile..), ma quando ieri arrivando in ambiente "lacustre" ho notato il colore dell'acqua in sentina assumere tonalità più marroncine, allora ho stabilito che il problema non fosse dall'interno, bensì legato ad acqua proveniente da fuori!!! Guaio.
E come tale, affrontato e risolto immediatamente.. ieri abbiamo fatto i turisti scattando foto in giro per le cascate, ma aver trovato la barca bella galleggiante all'ormeggio non mi sottrae dal dedicarle oggi queste ore di attenzione. Per inciso, ieri dopo la giornata di parco... ho trovato in sentina appena un pò d'acqua, ma non tanta.. bhò.
Ci ho pensato tutta la notte, poi ho anche fatto mente locale e notato che negli spostamenti a motore la pompa dell'acqua del motore, dotata nel caso del motore del Topkapi anche di una seconda girante con pescante separata in sentina, in effetti non aveva fatto per nulla il suo dovere, altrimenti non si sarebbe spiegato che anche solo dopo il breve trasferimento a motore dentro l'area portuale di Scardona ho comunque trovato dei residui di acqua in sentina.
2+2 fa 4 e mi sono precipitato direttamente ad aprire la suddetta pompa, e bingo al primo colpo ho beccato la girante lato sentina letteralmente macinata, 3 lame di neoprene su 6 rotte, ed uno spezzone era andato per l'appunto ad ostruire lo scarico in sentina della pompa stessa, sul condotto di scarico a valle della pompa di sentina principale. In effetti, solo questa girante ho trovato distrutta, mentre l'altra, la seconda che assicura il raffreddamento del motore era ok: situazione nel suo complesso già sufficiente a scaricare -per caduta- in sentina il contenuto del circuito di raffreddamento del motore, al suo spegnimento, sfruttando il condotto della pescante in senso contrario!
Mi spiego peraltro così anche delle piccole goccioline di olio o gasolio emulsionato che continuavo a trovare superficialmente alla "soluzione acquosa" nel fondo della sentina.. per ora mi spiego tutto così, gasolio incluso, per lo meno....
Infine smonto, sostituisco, rimonto, e specialmente ripulisco tutto quanto, sempre sotto lo sguardo severo dell'addetto agli ormeggi che in banchina si lamentava con aria schifata e tanto di dita a tapparsi il naso, del pasticcio di gasolio che gli ho combinato proprio davanti la piazza del paese! Mi spiace molto ma mi toccava ripartire sereno e possibilmente con la barca in ordine, prima di affrontare nuovamente il fiume stavolta in direzione contraria, diretti a riconquistare l'acqua salata.
Per le 14 puntualmente molliamo gli ormeggi e dopo una navigazione sempre noiosamente a motore, ma che almeno di ritorno appare più breve, arriviamo a Sebenico sotto un libeccio sferzante che spazza la baia ed accostare (ma specialmente staccarsi dopo!) al molo sottovento per fare benzina, al distributore subito oltre la Cattedrale, richiede tutta la mia maestria al timone, tanto da meritarmi i complimenti per le manovre riuscite sia da parte di Daria che anche del benzinaro!
In vista del mare come d'incanto i bimbi si addormentano entrambi e percorrendo il canale Sv.Ante fino al mare decidiamo di fare più miglia possibili, risalendo a motore il vento che arriva da ponente in bolina troppo stretta per la nostra rotta. Superiamo velocemente Zlarin buttando giusto un occhio dentro la baia e promettendoci di visitarla un'altra volta, quindi con il vento che rinforza sempre di più facciamo zig-zag tra le isolette sparse qua e la, aiutandoci infine anche con il genoa in vista di Kaprije, accostando per passare a ovest dell'isola e guadagnando con il genoa srollato un altro prezioso nodo. Vorremmo dare ancora fuori dal porto ma i nostri propositi naufragano presto: c'è un campo boe nuovo di zecca, con barche allineate e coperte ad occuparle tutte quante, ed il nostro tentativo di dare ancora ugualmente sopravento al campo boe (imitando un GS34 targato TS che stava pure lui facendo la stessa manovra), anche quello è vanificato dal diniego ricevuto dagli addetti alle boe.
Richiamati specialmente dal gran movimento che si è creato a bordo delle barche al gavitello gli ormeggiatori ci sono piombati addosso in gommone, prima da solo l'ormeggiatore, e poi dopo che l'avevo rimandato da dove veniva, in due, ormeggiatore e comandante del porto, scena che si è svolta sempre sotto gli improperi e le invettive che ci arrivavano (in lingua straniera almeno!) dagli equipaggi delle altre barche. Una scena mai vista, alla faccia della solidarietà marinara!
Questi succede che si sentivano poco protetti, essendo sottovento alle nostre due imbarcazioni a vela, e temendo che le nostre ancore dovessero arare nella notte, ma poco dopo ho capito che si trattava solo di una robusta dose di invidia verso cui avrebbe di certo speso meno di loro, se non nulla... e visto che il cliente che paga ha sempre ragione, a tutte le latitudini, il comandante del porto li ha ascoltati ed a noi ci ha dato il foglio di via, spiegandoci che in contemporanea al campo boe è stata fatta l'ordinanza di divieto integrale d'ancoraggio in tutta la zona portuale. Tant'è. Ne prendo atto e riferirò dell'inospitalità di quest'isola, dopo aver spiegato lo stesso pensiero al signor comandante! Peggio per loro insomma, se perdono questa opportunità di guadagno spedendoci in baia..
Di tutto il lungo sipario rimane questa scenetta: contro il più accanito di questi pseudo skipper, un vecchietto tedesco che dalla prua della sua barca a vela mi ha vomitato addosso una serie di termini impronunciabili (molti dei quali gli arrivavano suggeriti dalla frau che lo spronava all'azione da proravia dell'albero..), non sapendo come mandarlo a quel paese in lingua sassonica e non potendomi vuotare lo stomaco nella lingua dei miei avi che tanto non avrebbe compreso il mio idioma "portuale", sul momento in maniera estemporanea e con la barra del timone ancora tra le gambe, ho coniato la seguente frase, in inglese scolastico: "THE SEA IS TOO SMALL FOR YOU! ..GOOD BYE."
Temo che la lingua straniera mi abbia conferito una signorilità da vero "yachtsmen" del tutto sconosciuta al sottoscritto, ma la frase me la sono lo stesso annotata mentalmente per utilizzi a venire..
Ripieghiamo infine su Kakan, dando fondo a Potkucina in mezzo ad un nugolo di barche alla fonda, e non senza qualche difficoltà per far fare testa all'ancora su un fondale tanto insidioso (massi e pure corpi morti delle vecchie boe d'ormeggio fisse poi sparite), quanto anche a tratti molto profondo.. e non è facile trovare per me un buco in mezzo alle barche già ancorate in numero inverosimile, saranno almeno 200, riuscendo anche a dare l'ancora su un fondale preferibilmente non più profondo di 5/6 metri; ci riesco dopo un paio di tentativi, scegliendo una zona in cui reputo il fondale non scenda più di tanto e l'ancora possa far testa senza scivolare verso batimetriche maggiori, e per di più sopravento a quasi tutto l'intero campo d'ancoraggio. Mi sento responsabile di un eventuale "strike", dovesse spedare la mia bruce.. comunque stendo la catena in retro venendo sulla prua di un GS45 targato Ravenna, il cui gentile skipper mi conforta circa la riuscita del mio ancoraggio, dato che mi riferisce di conoscere il fondo molto bene.
Me ne vado al letto con il cruccio comunque di non aver potuto controllare l'ancora a vista, per l'ora tarda che frattanto è giunta, ed anzi alle prime ore di buio ci allietano i lampi di grossi temporali che da sud si muovono risalendo la costa dalmata, per fortuna ben lontani dalle nostre teste. Arriva comunque lo scirocco annunciato, e che mi aveva fatto in origine propendere per la baia di Kaprije, e ripensando alla scortesia di quel luogo mi attende una notte abbastanza movimentata.. le barche iniziano a ballare sulle catene e anziché pensare al vento che ci favorirà i giorni a venire per risalire in direzione nord, mi piazzo a dormire a prua dove con un occhio aperto e l'altro no posso sentire eventuali movimenti indesiderati del calumo.. siamo arrivati a metà crociera perfettamente "in time" ma specialmente "all right", da oggi si inizia a ritornare, ma dopo i giorni scorsi di bel tempo dovremo stare di nuovo con il naso all'insù e gli occhi puntati al cielo per capirne i segni premonitori, che non vorrei aver sorprese indesiderate da sopportare.. alla fine anche l'occhio mezzo aperto si chiude, e mi addormento appellandomi alla mia cara dolce Bruce, 6 metri più giù del mio cuscino.
Miglia percorse 20 (totali 267)
Stamattina ho deciso di capire quel che accade a mia insaputa in sentina, al che spedisco la famiglia a passeggio a far spese (al solito: pane fresco, carne e insalata; ma anche qualche cassa d'acqua sfruttando il Konzum vicinissimo alla barca, e ci scappano anche braccioli nuovi per Simone e ciabatte simil-Crocs per me, che peso tanto e le buco come fossero burro..), poi se ne andranno anche alla spiaggetta attrezzata del paese lungo il fiume, ed io mi dedico alle manutenzioni in tutta pace, calandomi letteralmente dentro le viscere del Topkapi.
Le famose "perdite" erano aumentate da qualche giorno, ma finché si trattava di un fondo di acqua non mi preoccupavo: due giorni fà ho notato l'acqua crescere seriamente, e anche senza assaggio avevo creduto che le sacche in pvc a prua sotto lo sforzo del pieno fatto a Prvic avessero iniziato a perdere più copiosamente di prima (ho sempre creduto in questa perdita, facendo il pieno tutte le volte che è stato possibile..), ma quando ieri arrivando in ambiente "lacustre" ho notato il colore dell'acqua in sentina assumere tonalità più marroncine, allora ho stabilito che il problema non fosse dall'interno, bensì legato ad acqua proveniente da fuori!!! Guaio.
E come tale, affrontato e risolto immediatamente.. ieri abbiamo fatto i turisti scattando foto in giro per le cascate, ma aver trovato la barca bella galleggiante all'ormeggio non mi sottrae dal dedicarle oggi queste ore di attenzione. Per inciso, ieri dopo la giornata di parco... ho trovato in sentina appena un pò d'acqua, ma non tanta.. bhò.
Ci ho pensato tutta la notte, poi ho anche fatto mente locale e notato che negli spostamenti a motore la pompa dell'acqua del motore, dotata nel caso del motore del Topkapi anche di una seconda girante con pescante separata in sentina, in effetti non aveva fatto per nulla il suo dovere, altrimenti non si sarebbe spiegato che anche solo dopo il breve trasferimento a motore dentro l'area portuale di Scardona ho comunque trovato dei residui di acqua in sentina.
2+2 fa 4 e mi sono precipitato direttamente ad aprire la suddetta pompa, e bingo al primo colpo ho beccato la girante lato sentina letteralmente macinata, 3 lame di neoprene su 6 rotte, ed uno spezzone era andato per l'appunto ad ostruire lo scarico in sentina della pompa stessa, sul condotto di scarico a valle della pompa di sentina principale. In effetti, solo questa girante ho trovato distrutta, mentre l'altra, la seconda che assicura il raffreddamento del motore era ok: situazione nel suo complesso già sufficiente a scaricare -per caduta- in sentina il contenuto del circuito di raffreddamento del motore, al suo spegnimento, sfruttando il condotto della pescante in senso contrario!
Mi spiego peraltro così anche delle piccole goccioline di olio o gasolio emulsionato che continuavo a trovare superficialmente alla "soluzione acquosa" nel fondo della sentina.. per ora mi spiego tutto così, gasolio incluso, per lo meno....
Infine smonto, sostituisco, rimonto, e specialmente ripulisco tutto quanto, sempre sotto lo sguardo severo dell'addetto agli ormeggi che in banchina si lamentava con aria schifata e tanto di dita a tapparsi il naso, del pasticcio di gasolio che gli ho combinato proprio davanti la piazza del paese! Mi spiace molto ma mi toccava ripartire sereno e possibilmente con la barca in ordine, prima di affrontare nuovamente il fiume stavolta in direzione contraria, diretti a riconquistare l'acqua salata.
Per le 14 puntualmente molliamo gli ormeggi e dopo una navigazione sempre noiosamente a motore, ma che almeno di ritorno appare più breve, arriviamo a Sebenico sotto un libeccio sferzante che spazza la baia ed accostare (ma specialmente staccarsi dopo!) al molo sottovento per fare benzina, al distributore subito oltre la Cattedrale, richiede tutta la mia maestria al timone, tanto da meritarmi i complimenti per le manovre riuscite sia da parte di Daria che anche del benzinaro!
In vista del mare come d'incanto i bimbi si addormentano entrambi e percorrendo il canale Sv.Ante fino al mare decidiamo di fare più miglia possibili, risalendo a motore il vento che arriva da ponente in bolina troppo stretta per la nostra rotta. Superiamo velocemente Zlarin buttando giusto un occhio dentro la baia e promettendoci di visitarla un'altra volta, quindi con il vento che rinforza sempre di più facciamo zig-zag tra le isolette sparse qua e la, aiutandoci infine anche con il genoa in vista di Kaprije, accostando per passare a ovest dell'isola e guadagnando con il genoa srollato un altro prezioso nodo. Vorremmo dare ancora fuori dal porto ma i nostri propositi naufragano presto: c'è un campo boe nuovo di zecca, con barche allineate e coperte ad occuparle tutte quante, ed il nostro tentativo di dare ancora ugualmente sopravento al campo boe (imitando un GS34 targato TS che stava pure lui facendo la stessa manovra), anche quello è vanificato dal diniego ricevuto dagli addetti alle boe.
Richiamati specialmente dal gran movimento che si è creato a bordo delle barche al gavitello gli ormeggiatori ci sono piombati addosso in gommone, prima da solo l'ormeggiatore, e poi dopo che l'avevo rimandato da dove veniva, in due, ormeggiatore e comandante del porto, scena che si è svolta sempre sotto gli improperi e le invettive che ci arrivavano (in lingua straniera almeno!) dagli equipaggi delle altre barche. Una scena mai vista, alla faccia della solidarietà marinara!
Questi succede che si sentivano poco protetti, essendo sottovento alle nostre due imbarcazioni a vela, e temendo che le nostre ancore dovessero arare nella notte, ma poco dopo ho capito che si trattava solo di una robusta dose di invidia verso cui avrebbe di certo speso meno di loro, se non nulla... e visto che il cliente che paga ha sempre ragione, a tutte le latitudini, il comandante del porto li ha ascoltati ed a noi ci ha dato il foglio di via, spiegandoci che in contemporanea al campo boe è stata fatta l'ordinanza di divieto integrale d'ancoraggio in tutta la zona portuale. Tant'è. Ne prendo atto e riferirò dell'inospitalità di quest'isola, dopo aver spiegato lo stesso pensiero al signor comandante! Peggio per loro insomma, se perdono questa opportunità di guadagno spedendoci in baia..
Di tutto il lungo sipario rimane questa scenetta: contro il più accanito di questi pseudo skipper, un vecchietto tedesco che dalla prua della sua barca a vela mi ha vomitato addosso una serie di termini impronunciabili (molti dei quali gli arrivavano suggeriti dalla frau che lo spronava all'azione da proravia dell'albero..), non sapendo come mandarlo a quel paese in lingua sassonica e non potendomi vuotare lo stomaco nella lingua dei miei avi che tanto non avrebbe compreso il mio idioma "portuale", sul momento in maniera estemporanea e con la barra del timone ancora tra le gambe, ho coniato la seguente frase, in inglese scolastico: "THE SEA IS TOO SMALL FOR YOU! ..GOOD BYE."
Temo che la lingua straniera mi abbia conferito una signorilità da vero "yachtsmen" del tutto sconosciuta al sottoscritto, ma la frase me la sono lo stesso annotata mentalmente per utilizzi a venire..
Ripieghiamo infine su Kakan, dando fondo a Potkucina in mezzo ad un nugolo di barche alla fonda, e non senza qualche difficoltà per far fare testa all'ancora su un fondale tanto insidioso (massi e pure corpi morti delle vecchie boe d'ormeggio fisse poi sparite), quanto anche a tratti molto profondo.. e non è facile trovare per me un buco in mezzo alle barche già ancorate in numero inverosimile, saranno almeno 200, riuscendo anche a dare l'ancora su un fondale preferibilmente non più profondo di 5/6 metri; ci riesco dopo un paio di tentativi, scegliendo una zona in cui reputo il fondale non scenda più di tanto e l'ancora possa far testa senza scivolare verso batimetriche maggiori, e per di più sopravento a quasi tutto l'intero campo d'ancoraggio. Mi sento responsabile di un eventuale "strike", dovesse spedare la mia bruce.. comunque stendo la catena in retro venendo sulla prua di un GS45 targato Ravenna, il cui gentile skipper mi conforta circa la riuscita del mio ancoraggio, dato che mi riferisce di conoscere il fondo molto bene.
Me ne vado al letto con il cruccio comunque di non aver potuto controllare l'ancora a vista, per l'ora tarda che frattanto è giunta, ed anzi alle prime ore di buio ci allietano i lampi di grossi temporali che da sud si muovono risalendo la costa dalmata, per fortuna ben lontani dalle nostre teste. Arriva comunque lo scirocco annunciato, e che mi aveva fatto in origine propendere per la baia di Kaprije, e ripensando alla scortesia di quel luogo mi attende una notte abbastanza movimentata.. le barche iniziano a ballare sulle catene e anziché pensare al vento che ci favorirà i giorni a venire per risalire in direzione nord, mi piazzo a dormire a prua dove con un occhio aperto e l'altro no posso sentire eventuali movimenti indesiderati del calumo.. siamo arrivati a metà crociera perfettamente "in time" ma specialmente "all right", da oggi si inizia a ritornare, ma dopo i giorni scorsi di bel tempo dovremo stare di nuovo con il naso all'insù e gli occhi puntati al cielo per capirne i segni premonitori, che non vorrei aver sorprese indesiderate da sopportare.. alla fine anche l'occhio mezzo aperto si chiude, e mi addormento appellandomi alla mia cara dolce Bruce, 6 metri più giù del mio cuscino.
Miglia percorse 20 (totali 267)
le ferie di Charlie2 (..segue..)
6/7 - GIORNO DICIANNOVE - Scardona, fermi per gita alle cascate
Ci svegliamo alla buon'ora e subito ci mettiamo al lavoro dopo il caffelatte: c'è da portare la barca in porto e lo facciamo di gran fretta con il timore che i posti liberi alla sera prima in banchina comunale vadano occupati, però siamo tempestivi nel beccare ancora disponibile il migliore, proprio di fronte alla piazza, con colonnina di acqua e corrente davanti. Saranno 26 kune per metro ft (234kn per noi), quindi come a Prvic ma qui almeno con assistenza all'ormeggio e luce h24. I bagni non ci sono ma si possono sfruttare quelli del marina ACI sempre aperti, benché lontani, oppure durante le ore diurne quelli pubblici cittadini collocati nei pressi della chiesa, a 4 kn e decentemente puliti. A proposito di marina Aci, prego sottolineare che il marinaro al nostro apparire all'ingresso dell'area portuale ci ha prontamente fischiato per attirare la nostra attenzione e la nostra prua verso le sue carissime trappe, ma noi l'abbiamo cordialmente ignorato, e nonostante un'ulteriore fischiettata ce ne siamo infischiati a nostra volta infilandoci di poppa sulla banchina di fronte!
Mettiamo giù la passerella e dopo aver collegato la 220v per lasciare in ricarica le batterie di bordo ci siamo precipitati verso l'imbarcadero, peraltro distante pochi passi, e così è iniziata la nostra giornata di turisti terricoli, con la gita d'ordinanza alle cascate del Cherca (99kn a persona l'ingresso al parco, compreso di "passaggio ponte" con il traghetto, una corsa ogni mezz'ora nei due sensi).
Bella la navigazione con il barcone dei ranger ma speciamente è stato piacevole una volta arrivati a destinazione sotto un sole caldissimo sguazzare nelle pozze di acqua gelida, ammirando da vicino lo spettacolo delle cascate; ancora più interessante la passeggiata a mezza costa che conduce sino in cima al salto di acqua, laddove il fiume crea uno splendido scenario di giochi d'acqua, stagni e laghetti, il tutto in mezzo ad una rigogliosa vegetazione emergente direttamente dalle acque, per non dire del piccolo museo etnografico, del mulino ancora funzionante e dei numerosi spazi predisposta per la sosta. Molto bello, insomma, e davvero ben organizzato.
Restiamo alle cascate fino al pomeriggio poi riprendiamo il traghetto di ritorno per le 16.30; per la cena, dopo numerose telefonate la gran parte senza esito, riusciamo ad ottenere un appuntamento definitivo per la peka serale alla konoba Toni, ma con risultati infine discreti, dato che per 404kn in tre persone, abbiamo ricevuto due "peche" di carne ed una grigliata mista buone come qualità ma sinceramente ridotte quanto a dimensioni. Non solo non c'è stato verso di ottenere la peka di polipo, ma in più le due porzioni di peka mista di carne mi sono sembrate parecchio ridotte rispetto alla metà della classica peka per 4..... ma i bimbi sono belli cotti e non resta che approfittarne: dopo il bicchierino di pelincovac d'ordinanza si torna in fretta a bordo, e la stanchezza non prende subito il sopravvento solo per colpa dell'allegria che regna sulla barca di fianco (chitarro-muniti) e presso l'osteria dall'altro lato della strada.. e mi toccherà attendere che gli effluvii dell'alcol altrui siano tutti evaporati in musica, per guadagnare anche io la meritata cuccetta. A nanna!
Miglia percorse ZERO (patacca)
Ci svegliamo alla buon'ora e subito ci mettiamo al lavoro dopo il caffelatte: c'è da portare la barca in porto e lo facciamo di gran fretta con il timore che i posti liberi alla sera prima in banchina comunale vadano occupati, però siamo tempestivi nel beccare ancora disponibile il migliore, proprio di fronte alla piazza, con colonnina di acqua e corrente davanti. Saranno 26 kune per metro ft (234kn per noi), quindi come a Prvic ma qui almeno con assistenza all'ormeggio e luce h24. I bagni non ci sono ma si possono sfruttare quelli del marina ACI sempre aperti, benché lontani, oppure durante le ore diurne quelli pubblici cittadini collocati nei pressi della chiesa, a 4 kn e decentemente puliti. A proposito di marina Aci, prego sottolineare che il marinaro al nostro apparire all'ingresso dell'area portuale ci ha prontamente fischiato per attirare la nostra attenzione e la nostra prua verso le sue carissime trappe, ma noi l'abbiamo cordialmente ignorato, e nonostante un'ulteriore fischiettata ce ne siamo infischiati a nostra volta infilandoci di poppa sulla banchina di fronte!
Mettiamo giù la passerella e dopo aver collegato la 220v per lasciare in ricarica le batterie di bordo ci siamo precipitati verso l'imbarcadero, peraltro distante pochi passi, e così è iniziata la nostra giornata di turisti terricoli, con la gita d'ordinanza alle cascate del Cherca (99kn a persona l'ingresso al parco, compreso di "passaggio ponte" con il traghetto, una corsa ogni mezz'ora nei due sensi).
Bella la navigazione con il barcone dei ranger ma speciamente è stato piacevole una volta arrivati a destinazione sotto un sole caldissimo sguazzare nelle pozze di acqua gelida, ammirando da vicino lo spettacolo delle cascate; ancora più interessante la passeggiata a mezza costa che conduce sino in cima al salto di acqua, laddove il fiume crea uno splendido scenario di giochi d'acqua, stagni e laghetti, il tutto in mezzo ad una rigogliosa vegetazione emergente direttamente dalle acque, per non dire del piccolo museo etnografico, del mulino ancora funzionante e dei numerosi spazi predisposta per la sosta. Molto bello, insomma, e davvero ben organizzato.
Restiamo alle cascate fino al pomeriggio poi riprendiamo il traghetto di ritorno per le 16.30; per la cena, dopo numerose telefonate la gran parte senza esito, riusciamo ad ottenere un appuntamento definitivo per la peka serale alla konoba Toni, ma con risultati infine discreti, dato che per 404kn in tre persone, abbiamo ricevuto due "peche" di carne ed una grigliata mista buone come qualità ma sinceramente ridotte quanto a dimensioni. Non solo non c'è stato verso di ottenere la peka di polipo, ma in più le due porzioni di peka mista di carne mi sono sembrate parecchio ridotte rispetto alla metà della classica peka per 4..... ma i bimbi sono belli cotti e non resta che approfittarne: dopo il bicchierino di pelincovac d'ordinanza si torna in fretta a bordo, e la stanchezza non prende subito il sopravvento solo per colpa dell'allegria che regna sulla barca di fianco (chitarro-muniti) e presso l'osteria dall'altro lato della strada.. e mi toccherà attendere che gli effluvii dell'alcol altrui siano tutti evaporati in musica, per guadagnare anche io la meritata cuccetta. A nanna!
Miglia percorse ZERO (patacca)
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