"Come faccio a spiegare a mia moglie che quando guardo fuori dalla finestra sto lavorando?" (Joseph Conrad)

domenica 26 settembre 2010

Il mare più grande

Ieri "come è lontano ed eppur vicino, ieri" io e la mia anima ci siamo
recati al grande mare per mondarci dai residui di fango della terra rimasti
sul nostro corpo.

Giunti alla spiaggia, abbiamo cercato un luogo appartato per non esser visti
dall'occhio della gente. Lungo il cammino, abbiamo visto un uomo seduto su
una scura roccia polverosa, con un sacco in mano dal quale, di tanto in
tanto, tirava fuori una manciata di sale e lo spargeva sul mare.

E l'anima mi disse: "Quest'uomo è un pessimista, uno che nella vita non vede
che oscurità. Non si merita di vedere i nostri corpi nudi. Cerchiamo un
altro posto".

Abbiamo continuato a cercare finché non abbiamo trovato un anfratto. Lì
abbiamo scorto un uomo vicino ad una bianca roccia, con in mano una piccola
scatola incastonata di pietre preziose. Ogni tanto estraeva da essa una
zolletta di zucchero e la gettava nel mare.

E l'anima mi ha detto: "Questo è l'ottimista, che cerca 1'impossibile.
Neanche costui è degno di guardare i nostri corpi nudi".

Abbiamo proseguito la ricerca finché non ci siamo imbattuti in un terzo uomo
in piedi presso la riva, che raccoglieva pesciolini morti e li ributtava nel
mare.

E 1'anima mi ha detto: "Questo è lo sciocco pietoso, che cerca di restituire
la vita ai morti. Stiamone alla larga".

Abbiamo camminato ancora, fino a quando non abbiamo visto un quarto
personaggio intento a tracciare il profilo della sua ombra sulla sabbia per
lasciarlo poi cancellare dalle onde.

E 1'anima mi ha detto: "Questo è il mistico, che con 1'immaginazione crea un
idolo da adorare. Lasciamolo stare".

Quindi ne abbiamo trovato un quinto, in piedi in una bassa stagnante laguna,
che toglieva la schiuma dalla superficie dell'acqua per versarla in un vaso
di corniola.

L'anima mi ha detto: "Costui è l'idealista, che tesse con la tela del ragno
gli indumenti che indosserà. Non gli daremo il privilegio di vedere i nostri
corpi nudi".

Abbiamo ripreso il cammino finché non abbiamo udito una voce forte che
diceva: "Questo è il mare profondo. Questo è il tremendo e grande mare".
Cercando di capire da dove venissero, abbiamo scoperto che le parole erano
pronunciate da un uomo che dava le spalle all'acqua. Si era appoggiato una
conchiglia all'orecchio e ne ascoltava il fruscio.

E 1'anima mi ha detto: "Andiamocene, perché quest'uomo è uno scettico, che
volge le spalle alla grandezza che non può circoscrivere e lascia che sia un
nonnulla a guidarlo".

Continuando il nostro cammino abbiamo visto un settimo uomo che stava fra
due rocce, con la testa nascosta nella sabbia.

E dissi a me stesso: "Dal momento che egli non può vederci, immergiamoci
qui, o anima".

La mia anima ha scosso la testa e ha detto: "No, mille volte no. L'uomo che
vedi è peggiore di tutti. È il timoroso di Dio che si nasconde dalla
tragedia della vita mentre la vita nasconde le proprie gioie a lui".

Allora ho vista apparire sul volto della mia anima una espressione di dolore
e ha detto con voce piena di compassione: "Andiamo via da queste rive,
poiché non vi è intimità qui. Non lascerò che il vento giochi coi miei
biondi, lunghi capelli o scopra il mio bianco seno qui. Non mi spoglierò
lasciando che la luce si posi sulle mie membra nude".

Così io e la mia anima abbiamo lasciato il grande mare e ci siamo
incamminati insieme alla ricerca del mare più grande.


Gibran Kahlil Gibran

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