Sveglia alle 7, giornata serena e tiepida che si preannuncia stupenda, e subito rotta su Lussinpiccolo, in pratica accendo il motore prima ancora di disfare la cuccetta, colazione nel canale e prua sul molo dogana: abbiamo un conto in sospeso con la burocrazia croata e voglio saldarlo al più presto, al molo siamo infatti primi e unici e facciamo “carte” in un attimo. Scatta quindi il “piano B” e cioè sosta al rifornimento per gasolio, acqua ed immondizie, mentre io sbarco a terra per portare la crew list in Kapijtania, che sta giusto alle spalle del benzinaio; qualche problema con il rifornimento dell’acqua: in effetti si riempie troppo presto… mando Alfonso ad indagare sotto le cuccette di prua che custodiscono le sacche morbide della riserva di bordo ed in effetti una delle due taniche resta vuota: c’è una bolla d’aria che impedisce all’acqua di passare! Basta aprire un rubinetto e con un po’ di pazienza e qualche aiuto manuale sulla sacca riusciamo a far acqua per l’intera capacità dei serbatoi di bordo (scoperto dunque l’arcano, chissà da quando tenevamo aria al posto dell’acqua e mi pareva che la scorta fosse finita la sera precedente prima del previsto!); abbiamo tempo anche di dare un’innaffiata alla coperta del Topkapi (pagando..) e di sorbirci la relativa sequela di improperi da parte del pescatore croato di turno, stufo di attendere il proprio turno per avere il posto in banchina. Infine, sempre con un occhio all’orologio e visto che “adoro i piani ben riusciti” (cit. Murdock dell’A-Team), arriviamo puntuali per l’apertura del ponte sul fianco Est della rada, uscendo dal fiordo quindi senza dover risalire il canale fino in cima (2 ore di vita risparmiate, considerando anche la navigazione per ridiscenderlo all’esterno). Nell’attesa dell’apertura del ponte mobile, scambiamo qualche battuta con lo skipper brizzolato di un bel First 35 di nome Excalibur, con relativa famiglia a seguito (moglie procace in bikini, e bambine sul tender a traino); noi ci complimentiamo per la sua barca, che ci dice essere di un suo amico triestino che gliela aveva data in prestito, quindi chiedendo lui se avesse 2 o 3 cabine, mentre lui si complimenta con noi per il Topkapi, dalle linee (testualmente) “come piacciono a me, con i dovuti slanci”. Gongolo.
Di là dal ponte subito a vela: rotta su Olib, abbiamo un meraviglioso traverso da affrontare e la barca va a tutta tela sfiorando i 5 nodi condotta da CharlieDue con l’equipaggio a riposo, tutti tranne Alfonso che non riesce a rinunciare alla tentazione di giocare con le regolazioni delle vele, tentando più improbabili esperimenti per far rallentare la barca. Anche il vento vuol dire la sua e l’aiuta nel proposito, tanto che decide presto di mollarci e superando Alfonso nel proposito di costringerci ad andare a motore: subito l’avvistamento di due grossi delfini che saltano a sinistra della nostra prua (immortalati) a stemperare il dispiacere, poi arriveremo per pranzo alla punta Sud di Olib, dando fondo nella meravigliosa baia di Juzna Slatina, davvero dai colori e dalle trasparenze “caraibici” come tutti i portolani giustamente riportano. Pranzo a base di pasta al sugo di pomodoro e basilico, quello preparato personalmente della mamma di Alfonso, pane e salame. Niente vino che l’alcol fa male, solo birra. Abbondante.
Altri due delfini avvistati nel paraggi, non dunque sono un effetto del tasso alcolico.
Ci contentiamo di un solo bagno e di una sosta breve perché arriva di nuovo la termica del pomeriggio puntuale alle 14.00 ed allora leviamo l’ancora puntando sempre la prua a Sud, con destinazione incerta (decidiamo di scegliere un posto più avanti, pur di essere puntuali a cena per le 20); ancora altri 2 delfini li intorno, che gioia incontrarli.
Altra bella veleggiata, ma sempre finché il vento tiene: il maestrale gira prima a traverso poi al lasco ed infine in poppa. Contrariamente al mattino quando l’equipaggio ancora stanco del giorno precedente, suppongo e comprendo, aveva mugugnato alla chiamata (ma a bassa voce), provo nuovamente a chiamare lo spi! Issiamo, ci facciamo (mi faccio) una gran sudata a prua a trappolare con bracci, amatigli e tangone ecc ecc, e quando lo spi si gonfia bello.. puf, finisce il vento. Giusto il tempo di un bel bagno a traino sotto spi gonfia, con la barca che timonata dal pilota automatico si ferma a 0.0 nodi x via del carico umano trainato in mare. Filmatine, poi una volta “fatte le foto” via lo spinnaker e diamo di nuovo motore in cerca di un ridosso per la notte: decidiamo di andare a Sferinacco (dopo la prima notte in baia, per questa successiva ci meritiamo un bel porticciolo con corrente e tutto quanto, compresa passeggiata a terra!).
Con qualche problema di ormeggio guadagniamo la terraferma: il porto è tutto nuovo e nemmeno segnalato sul più recente 777 né sulle carte: adesso c’è un nuovo braccio dal lato sud rispetto alla zona riservata al postale, mentre dalla parte nord è rimasto il braccio che delimita il piccolo bacino riservato alle barche locali, e poi più a nord, la solita banchina con aggiunta di molo di legno a sbalzo traballante. C’è un ultimo posto all’interno del nuovo bacino, ma appena l’adocchio arriva un Pursuit a manetta che ci passa ed entra dentro prima di noi, lasciandoci a bocca asciutta; non rimane che la banchina traballante, con trappe tutte storte rispetto alle bitte predisposte a terra: tira a prua e molla a poppa ma non c’è verso, la barca resta storta rispetto al pontile. Benedico allora la (recente) dotazione atomica del Topkapi utile proprio per questi ormeggi d’assalto e mettiamo cime lunghe a terra a doppino e passerella stile trampolino olimpico, tenendoci a debita distanza dal molo (ed il timone pure, a distanza della franata che lo sostiene.. l’ormeggiatore segnalava 3 metri di fondo, ma a me parevano molti molti meno, e non avrei voluto sapere quanti esattamente).
Mettiamo su l’acqua per una “pasta” non si sa ancora come, ma poi diamo la colpa ai vicini d’ormeggio d’aver scombinato tutti i nostri programmi sul menù serale: scambiamo due parole (benché trattasi di “ferro da stiro” sono stati molto cortesi, anche salutandoci per primi al nostro arrivo), e scopriamo che anche loro vengono da Caorle, e che hanno appena ordinato DENTICE al Bifè Sferinac, il ristorante del porto credo l’unico di tuta l’isola, in versione take-away anzi servizio a bordo. Con la scusa di informarmi per l’allacciamento alla 220v vado al Bifè e non resisto anche io dall’ordinare il pesce: ci sono rombi, salpe, due denticiotti medi ma specialmente nel bestiario superstite spicca quest’esemplare di dentice da fotografia da 2 kili scarsi. Alla brace è la morte sua e non intimoriti dalla richiesta (340 kn al kg) lo facciamo nostro, poi le palacinke le consumeremo al tavolo, come dopocena.
Mai 30 euro a cranio furono così ben spesi: Stefano, il più giovane a bordo, dichiarerà a stomaco pieno che mai aveva mangiato in vita sua pesce più buono, mentre Alfonso, il più vecchio e come tale più ponderato, si concede sulla stessa dichiarazione appena il beneficio del dubbio (come dire che la memoria può far cilecca, ma di certo anche lui s’è leccato i baffi). In attesa del servizio a bordo abbiamo gustato spaghetti alla bottarga di tonno e stanziato 2 diconsi 2 bocce di vino, quindi moltepulciano d’abruzzo rosè “cerasuolo”, a parte il solito prosecco freddo d’ordinanza. Spaventosa fine del dentice, 2 kili di ciccia che pareva pollo per la consistenza spariti come avessimo a bordo le cavallette: “vedi che disgrazie!”, direbbe un mio caro amico..
Dopocena al Bifè con palacinke e pelinkovac, conto complessivo di 100 euro per 3, sconto incluso. A nanna più brilli che satolli, in branda fa un caldo boia.
0500, al solito orario entra lo scirocco e con lui la risacca che ci fa un po’ ballare all’ormeggio: benedette nuove cime lunghe, mi alzo solo per togliere via la passerella che sbatte e da fastidio, e torno a cuccia.
Miglia percorse 47 (miglia totali 162)
partenza alla buon'ora
Lussinpiccolo, e il ponte mobile
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